Il Bianco & il Rosso - anno V - n. 50 - aprile 1994

pluralismo, una testimonianza personale e collettiva della serietà della loro fede mediante un servizio efficiente e disinteressato agli uomini. (Paolo VI. Octogesima Adveniens, n. 46). Tale impegno, nello spirito dell'insegnamento sociale della Chiesa deve assumere la forza della solidarietà, divenire cioè una «determinazione ferma e perseverante di impegnarsi per il bene comune, ossia per il bene di tutti e di ciascuno, perché tutti siano veramente responsabili di tutti» (cfr. Sollicitudo Rei Socialis, n. 38, 6). Se la politica deve essere frutto della carità, anche in campo politico, dove molte scelte diverse possono derivare dall'unica fede e obbedienza al Vangelo, la tensione all'unità, esigita dalla carità, non può dissolversi e restare insignificante: essa deve invece rendersi operante, come un prezioso servizioalla politica stessa concorrendo a r-enderla più umana, ed efficace nel servizio degli ultimi. Questa tensione dovrebbe suggerire modi di un convergente impegno nella promozione del bene comune avendo riferimento alla dignità dell'uomo. I diversi programmi e scelte politiche che potrebbero maturare tra i cattolici, a seguito alle diverse solidarietà vissute da ciascuno (come dice la Octogesima Adevniens, sopra citata), non dovrebbero essere vissute come rotture o insanabilidivisioni del mondo cattolico, ma come segno di una molteplice si- {)!LBIANCO ~ILROSSO 1111 ;. §1 1 a ;J gnificativa presenza dei cristiani in diverse aree politiche come sta avvenendo in Italia. In tal caso però le formazioni politiche di ispirazione cristiana, dovrebbero in qualche modo convergere a livello parlamentare o ad altri livelli per concorrere alla migliore possibile soluzione dei problemi del paese e per tenere alto e costruttivo il tono del dibattito politico. Si realizzerebbe così quella tensione unitiva cui facevo riferimento più sopra; l'eventuale contemporanea presenza di schieramenti cattolici, al governo o all'opposizione, potrebbe offrire un migliore servizio dei cattolici al paese. Si opporrebbe alla tensione unitiva invece un modo di proporre o sostenere le proprie scelte che si esprimesse con gratuite accuse o misconoscimento della buona fede altrui, o rivendicando unicamente alla propria parte l'autenticità evangelica, o con atteggiamenti e comportamenti tali da offendere la verità o da inasprire ed esasperare il clima politico. In altre parole, ciò che deve caratterizzare i cristiani impegnati in politica non è solo la coerenza dei programmi con l'ispirazione cristiana e l'insegnamento sociale della Chiesa, ma anche il modo e lo stile con cui si afferma la propria identità e si conduce il confronto e la lotta politica. In questa prospettiva chi vuol fare politica deve anche saper di35 re la verità sulla situazione del Paese e avere il coraggio di prospettare eventuali misure impopolari richieste per il bene comune, saper riconoscere l'eventuale validità di soluzioni proposte da altri e convergere su proposte di fatto concretamente realizzabili. Concludendo: ho cercato di dire che il modo di fare politica non è meno importante dei programmi: un certo stile nel fare politica costituisce un'esigenza, che qualora non venisse rispettata vanificherebbe, in gran parte, il senso della presenza cristiana nella vita politica. Questo stile è un abito virtuoso che dovrebbe essere connaturale per chi pensa alla politica come servizio e per chi crede in essa e nel suo valore trascendente. Trascendente, nel senso che la buona politica vale ben più di una carriera e dello stesso successo. Anche chi fosse sconfitto potrebbe aver dato un effettivo contributo al bene comune come testimone e maestro di buona politica. Mentre voler conseguire comunque il successo politico potrebbe alla fine portare a vittorie ambigue e reggersi al potere con una cattiva politica. Questo è quanto è successo anche ai cattolici nell'ultimo scorcio della prima Repubblica e ha condotto alla fine della Democrazia Cristiana. . .:: f'/::-4 :-~ . f l ;! ' ,'\1\ill "· -:..-

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