OlLBIANCO N.ILROSSO • nu.i#J •a ; 1 Unitàe pluralismo: unafeconditànuova N ella traccia da voi proposta per l'avvio di una riflessione su fede e politica, ho trovato alcune osservazioni che mi hanno suggerito il tema di questo mio contributo al vostroDossier. Il tema è quello dellaunità dei cattolici in politica. Riflettere sull'unità implica anche riflettere sul pluralismo, non per contrapposizione, ma per il rapporto dinamico che lega unità e pluralismo sia nella vita della comunità ecclesiale, sia in quella della comunità politica. Si tratta di non perdere l'unità nel pluralismo, e di non perdere il pluralismo nell'unità. Lo ha detto il Papa nel suo discorso «a braccio» rivolto all'Assemblea generale della Cei del maggio scorso. Nella vostra traccia osservate, con ragione, che oggi in Italia non è proponibile un altro partito unico dei cattolici. Ma dite anche che tale unità «sarebbe contro lo spirito del Concilio. Sarebbe in contraddizione esplicita anche con le recenti encicliche sociali e con i ripetuti pronunciamenti del Magistero papale». Queste affermazioni suonano piuttosto eccessive: se, infatti, si desse un libero convergere dei cattolici verso un unico partilo, o se situazioni eccezionali suggerissero l'unità partitica dei cattolici, ciò non sarebbe certamente nè contro lo spiritodel Concilio, nè contro il magisteropontificio. Restaperò vero che tale unità non è necessariamente esigila, nè dal Magisteropontificio, nè dal Concilio. Paolo di Mario Reina VI, nella Lettera apostolica Octogesima Adveniens al n. 50, scrive «Nelle situazioni concrete e tenendo conto delle solidarietà vissute da ciascuno bisogna riconoscere una legittima varietà di opzioni. Una medesima fede cristiana può condurre a impegni diversi». Queste parole di Paolo VI riassumono fedelmente quanto afferma il Concilio, che qui voglio citare per esteso perché mi sembra offra spunti di riflessione quanto mai opportuni in questo momento. 33 Al n. 43 della Costituzione conciliare Gaudium et Spes si legge: «Dai sacerdoti i laici si aspettino luce e forza spirituale. Non pensino però che i loro pastori siano sempre esperii a tal punto che ad ogni nuovo problema che sorge, anche a quelli gravi, essi possano avere pronta una soluzione concreta o che proprio a questo li chiami la loro missione: assumano invece essi, piuttosto, la propria responsabilità, alla luce della sapienza cristiana e facendo attenzione rispettosa alla dottrina del Magistero. Per lo più sarà la stessa visione cristiana della realtà che li orienterà, in certe circostanze a una determinala soluzione. Tuttavia altri fedeli altrettanto sinceramente potranno esprimere un giudizio diverso sulla medesima questione, ciò che succede abbastanza spesso e legittimamente. Che se le soluzioni proposte da un lato o dall'altro, anche oltre le intenzioni delle parli, vengono facilmente da molti collegale con il messaggio evangelico, in tali casi ricordino essi che a nessuno è lecito rivendicare esclusivamente in favore della propria opinione l'aulorild della Chiesa. Invece cerchino sempre di illuminarsi vicendevolmente attraverso il dialogo sincero, mantenndo sempre la mutua carità e avendo cura in primo luogo del bene comune». (Concilio Vaticano II, Costituzione Gaudium et Spes, n. 43). In modo simile si è espresso recentemente il Card. Marlini in una sua riflessione sulla lettera del Papa ai Vescovi italiani, del 6 gennaio scorso. Nel discorso pronuncialo in occasione dell'inizio del nuovo anno della scuola
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