mento, della classe dominante, del partito politico» 6 . Nella Chiesa i fedeli laici, che, in particolare, hanno ricevuto nel battesimo e nella cresima il mandato di animare evangelicamente le strutture temporali, sono chiamati al contributo della costruzione della città dell'uomo, secondo la felice espressione di G. Lazzati7. È necessario sostituire all'insorgente e surrettizia tentazione, di radice machiavellica e di conio hegeliano, dello Stato etico, l'impegno dell'etica nello Stato. E su questo si dispongono «quei valori umani ed evangelici, che sono intimamente connessi con l'attività politica stessa, come la libertà e la giustizia, la solidarietà, la dedizione fedele e disinteressata al bene di tutti, lo stile semplice di vita, l'amore preferenziale per i poveri e gli ultimi»8 . Karl Popper, riflettendo sulla lezione del secolo XX, sottolinea la necessità, dopo il crollo degli assolutismi, di dare la priorità assoluta ai due compiti della difesa dello stato di diritto, con una linea politica rigorosa e controllata, e di promuovere la difesa dei più indifesi, specialmente dei bambini, il futuro dell'umanità. Agli intellettuali, poi, ricorda la responsabilità di questi impegni ineludibili9. I fedeli laici, che non soltanto sono nella Chiesa, ma sono la Chiesa prolungata nel mondo d'oggi, sono attesi, alle soglie del terzo millennio, per vivere la sintesi faticosa, ma doverosa trafede e politica. «Fedee politica - annoia Giuseppe DeRosa- sono distinte, ma non separate. Come si deve respingere la confusione,così si deve respingere la separazionefra fede e politica. Infatti, la fedeha bisogno di una traduzione politica; a sua volta, la politica ha bisogno di trarre dalla fede ispirazione, forzae stile. La fede, se è autentica, si traduce nella carità, nelle opere per il bene degli altri, in particolare dei bisognosi.Tra queste "opere" ha un posto privilegialo la politica, come strumento di attuazione della giustizia e della carità. D'altra parie, il cristiano che s'impegna politicamente, per fare una politica "da cristiano", deve attin- {)!LBIANCO ~ILROSSO 1nu.. 1§J 1 @;1 gere dalla fede l'ispirazione, cioè la luce con cui la fede illumina la vita e fa conoscere la volontà di Dio riguardo alla vocazione integrale dell'uomo, la forza spirituale per vincere le seduzioni e le tentazioni della politica e viverla con spirito evangelico di "carità politica", e infine lo stile. C'è, infatti, uno stile cristiano di fare politica: stile che comporta non soltanto l'onestà, ma il senso della politica come servizio, il distacco dal denaro, la preoccupazione di favorire coloro che nella società sono più svantaggiali. In conclusione, fede e politica, unile nell'unico disegno di salvezza che si compie nella morie e risurrezione di Cristo non sono né confuse, né separale, ma distinte; tuttavia, pur nella distinzione, sono in reciproco rapporto, cosicché l'uomo politico può allo stesso tempo essere un autentico cristiano e un autentico politico: senza fare una "politica cristiana", può fare una "politica da cristiano" e, in tal modo, pur lavorando direttamente per costruire la città dell'uomo, lavora in definitiva per la costruzione della città di Dio» IO. I laici, dunque, che da cristiani vivono alle soglie del millennio il loro carisma battesimale all'interno delle strutture societarie, si impegneranno così a lottare e a pagare di persona, con disinteresse, con convinzione nella sincerità, per la pace nella giustizia, 31 per l'uguaglianza e la partecipazione democratica non formale, per l'accesso di tutti a lutti i beni e servizi. Denunceranno altresì coraggiosamente le latitanze dei poteri pubblici nelle aree dell'emarginazione, le sperequazioni, le mistificazioni, le oppressioni. Soprattutto i credenti, convinti che «il nostro aiuto viene dal Signore, che ha fatto cielo e terra»11 , intensificheranno il loro compilo di pregare incessantemente e fiduciosamente per quello che è definito «regno di giustizia, di amore e di pace»12 . Poiché la politica è servizio di tipo pubblico, sperimentabile e controllabile, si presta ad essere segno della qualità di vita degli uomini che vi sono implicati. Pertanto, la testimonianza dei credenti circa la politica da cristiani risulterà sempre più come una delle garanzie più evidenti della loro credibilità. È opportuno sottolineare che i cristiani militanti in organizzazioni partitiche vanno considerali soggetti politici e non ecclesiali. Non coinvolgono, quindi, le comunità di fede di appartenenza in quanto cristiani, ma assumono una corretta responsabilità autonoma e si impegnano ad una politica da cristiani, illuminala, cioè, dagli irrinunciabili principi della rivelazione, con al centro l'annuncio pasquale. Bartolomeo Sorge, parlando del pluralismo politico dei credenti, sottolinea la sua legittimità a motivo del fallo che «il passaggio dalla fede alla prassi implica una mediazione sloricoculturale. Ora, questa mediazione storico-culturale non può essere univoca. [... ] In realtà ogni opzione temporale - di natura culturale, sociale o politica - nasce da una sintesi, da una mediazione fra il momento antropologico (o dei valori) e il momento storico e sociale, che insieme si incarnano nella prassi. [... ] È questa appunto la conclusione, alla quale perviene Paolo VI nella Octogesima adveniens: "Nelle situazioni concrete e lenendo conto delle solidarietà vissute da ciascuno, bisogna riconoscere una legittima varietà di opzioni possibili. Una medesima fede cristiana può condurre a impegni diversi" (n. 50). Dunque, è or-
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