{)~BIANCO ~ILROSSO ""*''" Saperscegliereconchistare. Estarecongli«ultimi» - I I cattolico si avvicina alla politica, come espressione della carità che vive con i poveri, per gestire insieme agli altri un bene comune rispettoso dell'uomo, della persona, so- - prattutto dei più deboli. Credo che questa sia stata, ma soprattutto debba essere senza sbavatura, l'ispirazione forte del cattolico in politica. E il mio tentativo di riflettere già su questa rivista lo ha approfondito dal lato della fede .inCristo che è entralo nella Storia per portare i mali per cambiarli e andare così verso il Regno. Tensione anzitutto quindi di misericordia verso i più poveri per farsi capaci di giustizia nella forza di Lui. Questo discorso è così radicale che i «veri» cristiani non possono non impegnarsi nella politica e nella politica arrivare a governare questo bene comune, spinto sino alla difesa, al sostegno dei più deboli. Le funzioni del Governo, l'economia, la salute, la cultura, l'amministrazione pubblica, le istituzioni, devono concorrere tutte al bene comune della persona, di ogni persona nella sua globalità. Questa identità forte del cristiano in politica deve essere giocata in qualsiasi modo, o perché si governa insieme con gli altri, o si sta all'opposizione di un governo che non avesse questa preoccupazione verso i più poveri e i più deboli. La scelta deve esser senza ambiguità. Perché è qui su questa discriminante di servizio ai più poveri («i poveri li avrete sempre con voi» dice il Signore) che c'è l'irriducibilità del cristiano di Franco Monterubbianesi in politica. Non solo come singolo, nella sua obiezione di coscienza, ma anche come organizzazione, che partendo dal suo radicarsi nella società civile in varie realtà di servizio, di associazionismo, di tutele, di cooperazione, di volontariato non può non portare la istanza dei deboli all'interno degli schieramenti di partilo quando essi costituiscono alleanza per essere eletti, o quando governeranno o saranno all'opposizione. In tal gioco potranno, dovranno scegliere nella concretezza dei movimenti politici, partitici che si sono creali nella storia con tanti sommovimenti di cui bisogna prendere coscienza esatta senza preclusioni ideologiche, ma anche non senza darsi una identità precisa. Possono così anche per questo non determinarsi a priori per uno schieramento o per l'altro, ma non possono non schierarsi in maniera precisa nei loro programmi, per il discorso forte di difesa dei più poveri di cui dovrebbero essere portatori precisi. Non possono cioè rimanere in una ambiguità che non fa capire da che parte staranno (o solo darsela in contrapposizione agli altri) quando i giochi saranno compiuti. Questo per non essere strumentalizzali in nessuna maniera, sapendo poi che uno Stato che nascerà dal consenso creerà per forza un potere più forte verso i garantiti, quelli che possono far pesare il loro star bene, ma i cristiani devono sapere a priori che essi devono dar voce ai non garantiti a quelli che non contano, che non hanno voce e che essi i «veri» cristiani 28 perché si sforzano di esserlo, cercano di servire nella condivisione della loro dignità negata o non pienamente affermata. Per questo il problema posto in discussione è a monte, quanto cioè i partili o i movimenti che si richiamano al cristianesimo siano o vogliono essere veramente espressione nella società civile di questa anima di servizio, di condivisione per i più poveri. Il famoso moderatismo cristiano non può più essere concepito come un modo di essere in cui ci si ammanta di un cristianesimo perbenista, di apparenze, di sole ritualità a cui tutto sta bene, basta conservare il proprio privilegio, la propria supponenza cristiana, senza essere scomodali, lasciando la politica al mestiere. Se moderazione vuol dire rifiutare l'estremismo dei mezzi, della solidarietà violenta, si può essere d'accordo ma ciò non deve negare l'estremismo dei fini, del servire i più poveri che oggi sono esclusi dalla società che abbiamo crealo. Il Regno di Dio vuole questa violenza a se stessi per condividere e non rassegnarci verso i mali che la società crea nel suo falso progresso, nell'individualismo su cui è basala. Questa analisi non può essere non fatta, anche se ci costa. Non si può non renderci conto di come il progresso cercato solo in termini materiali e economicistici, nell'economia solo di mercato, non è stato uno sviluppo umano (i rapporti dell'Onu lo hanno dello a chiare note dall'89 in poi). Ha creato all'interno degli stati
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