che in quello politico più sensibile, la pericolosità di quella «alienazione» che era portatrice di gravi conseguenze degenerative nel tessuto civile come in quello religioso. Un numero crescente di fedeli e di cittadini elettori (e spesso le due realtà si sono sovrapposte) si è reso conto che non si poteva più parlare di partito «dei» cattolici, ma al più di partilo «di» cattolici. Sottolineando così l'opportunità €· la naturalezza di un pluralismo esistente dappertutto, ma negato ai soli cattolici italiani. Nello stesso tempo è caduta anche la politica condotta «in quanto cattolici» che ha lasciato il posto ad un fare politica «da» cattolici, intendendo con questo un riferimento e una coerenza di azione ai valori professati. La «caduta del muro di Berlino» e il venire meno del comunismo ha poi accentuato e accelerato questa positiva evoluzione che era già in atto. Quali saranno ora gli sviluppi? Sarà storicamente utile un partito «da» cattolici? O è preferibile una dispersione e testimonianza «da» cattolici nelle diverse componenti sociali e politiche? Una risposta può forse darcela uno scritto antico e poco conosciuto: una lettera che nel quarto secolo un anonimo, ma autorevole esponente ecclesiale (siamo nel periodo cosiddetto della «patristica») invia in risposta alle domande di un tale Diognelo che vuole conoscere la religione dei cristiani e come questi devono vivere nel mondo. «I cristiani - spiega il nostro autorevole maestro - non si differenziano dagli altri uomini né per territorio né per lingua o abili. Essi non abitano in città proprie ... la vita che conducono non ha nulla di strano ... Abitando nelle città greche e barbare, come a ciascuno è toccalo, e uniformemente alle usanze locali, per quanto concerne l'abbigliamento, il vitto e il resto della vita quotidiana, mostrano il carattere mirabile e straordinario, a detta di lutti, del loro sistema di vita. Abitano nella propria patria, ma come stranieri, partecipano a tutto come cittadini e tutto sopportano come forestieri; ogni terra straniera è loro patria e ogni patria è terra straniera. Si sposano come 0.IJ. BIANCO ~ILROSSO hXiAAOIA tutti ... hanno in comune la mensa, ma non il letto. Sono della carne, ma non vivono secondo la carne. Dimorano sulla terra, ma sono cittadini del cielo. Obbediscono alle leggi e con la loro vita superano le leggi. Amano tutti e da tutti sono perseguitali... sono poveri ed arricchiscono molti... vengono oltraggiali e benedicono ... Insomma, per dirla in breve, i cristiani svolgono nel mondo la stessa funzione dell'anima nel corpo ... l'anima abita nel corpo, ma non è del corpo e anche i cristiani abitano nel mondo ma non sono del mondo ... ». Quanto di questo è stato fatto con il partito «dei» cattolici? È un'ingenua utopia lo spirito e lo stile di questa lettera? Personalmente non penso ad una diaspora totale con la rinuncia a qualsiasi forma organizzata per essere lievito e sale nel mondo a livello di sola 24 testimonianza individuale. Sarebbe una reazione estremista alla fase della unione politica coatta. Il pluralismo di presenze, sia individuali che organizzate, rappresenta probabilmente un giusto punto di equilibrio. Più presenze organizzate dei cattolici in politica (siano essi partiti, associazioni e movimenti) e senza precludere la partecipazione o il consenso a partiti che non hanno una ispirazione cristiana, potrebbero realizzare un primo passo verso quello stile consigliato già 1.600 anni fa al nostro amico Diogneto. Uno stile di vita motivato eticamente e affidato serenamente ad una personale assunzione di responsabilità e di coscienza. Questa volta la presenza dovrebbe essere veramente «da» cattolici e qualificarsi e camminare da sola facendo forza su programmi e progetti sociali che sono il solo modo di concretizzare i valori e i principi che altrimenti rimarrebbero affermazioni astratte e ridotti a rituali citazioni. Quello dei valori è dunque il nuovo terreno di impegno dei cattolici dopo la caduta delle ideologie. E di conseguenza la posta in gioco non è più tanto il prevalere di uno schieramento quanto l'affermazione o meno di determinati modelli sociali e di vita. È la sfida del futuro che comporta il rischio di una nuova alienazione: quella del prevalere sulle persone della logica dell'economia e del profitto selvaggio e senza regole, che nei valori di solidarietà e di umanità tipici del cristianesimo vede il suo ultimo ostacolo. È forse a questo che si riferiva Papa Wojtyla nella sua recente lettera ai vescovi italiani (lettera dai più non capita) dove oltre ad auspicare una convergenza dei cattolici sui valori, lancia l'allarme sul pericolo di una «negazione del cristianesimo» per affermare la creazione di «un'Europa e in essa di un'Italia, che siano apparentemente "neutrali" sul piano dei valori, ma che in realtà collaborino alla diffusione di un modello postilluminislico di vita» che riduce il senso dell'esistenza «ad una dimensione puramente economica e secolaristica».
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