Il Bianco & il Rosso - anno V - n. 50 - aprile 1994

{).!J, BIANCO ~ILROSSO • 11•)-i•§t a ;J Finedell'usoideologicodellafede. Eragiànella«LetteraDiogneto» ondo cattoli- M co», «collocazione dei cat- 11 tolicj», «politi- '' ca dei cattolici», «secondo la visione politica dei cattolici». Queste espressioni che oggi danno l'effetto di un qualcosa di stonato anche all'orecchio meno «esercitato», fino a qualche anno fa - per non parlare degli anni '60 e '70 - facevano parte di un linguaggio corrente. Linguaggio non solo politico, ma anche sociale e perfino ecclesiale. L'elemento comune era un presupposto solo, quello dell'esistenza - data per scontata - dell'unità dei cattolici. Unità considerata non tanto in riferimento ad una fede comune e ad un insieme di valori condivisi, quanto invece alla coesione sociale, allo schieramento, cioè, sociale e politico «dei» cattolici. Nonè che la cosa si sia prodotta senza ragione, come un fungo cresciuto come strana anomalia in un prato storico ricco di fiori. Lo schieramento «dei» cattolici, lo ricordiamo appena di sfuggila, è il risultato di una gestazione tormentata che passa attraverso fatti tutt'altro che trascurabili come il fascismo, la guerra e gli anni del dopoguerra con la contrapposizione EstOvest e la guerra fredda. In nome della fede e della difesa di un modello di vita ispirato ai valori cristiani, i cattolici (a torto o a ragione) danno vita ad un loro schieramentopolitico, ad un loro partito. Col passare degli anni, venendo di Angelo Mina progressivamente meno la minaccia alla fede e ai valori, ma anche per la crescita economica, politica e civile del paese, l'aspetto confessionale è passato in secondo (e spesso anche in terzo) piano per fare emergere sempre più la sola logica di schieramento come elemento realmente determinante - come tale - ai fini delle valenze sociali e politiche. Senza voler ignorare il ruolo della situazione internazionale, quello che da noi si è prodotto è una sorta di alienazione politico-religiosa di massa. Come nella alienazione patologica individuale, anche a livello sociale - e con responsabilità anche ecclesiali - si è prodotto un vero e proprio rovesciamento delle coordinate fondamentali di senso e di identità. Ciò che era strumento (lo schieramento sociale e politico) ha preso di fatto il sopravvento sull'elemento principale e fondamentale (la fede). Il risultato alla fine è stata una religiosità intesa e usata a supporto di una struttu'ra sociale e politica, e in ultimo semplicemente di un sistema di potere. Sta tutta qui l'origine della cosiddetta «questione cattolica». È storicamente il ripetersi del più classico conflitto Ira fede e politica; il problema cioè della definizione della distinzione tra sfera religiosa e politica e del rispetto di questa distinzione, che non può essere però intesa come una separazione ed estraneità tra le due parti. È così che è nato il partito «dei» cattolici e la teorizzazione della «unità politica dei cattolici» come requisito necessario per vivere una coerenza di fede. Vero è poi che il magistero ec23 clesiaslico si è cautelato evitando di formalizzare, e quindi di elevare ad esplicita dottrina, un rapporto diretto tra fede ed appartenenza politica, calibrando i suoi richiami sulla «coerenza» e facendo salva la coscienza, però quella «rettamente formata» (formula elegante che in pratica chiudeva il cerchio riportando all'ubbidienza alla gerarchia). È però altrettanto vero che per anni si è giocato su questo equivoco e si è lasciata diffondere un'idea di un rapporto quasi meccanico tra appartenenza alla Chiesa e quella (necessitata) al partito «dei» cattolici. Nonostante il Concilio ecumenico Vaticano II questo equivoco - che oggi viene respinto sia da parte ecclesiale che politica con richiami alla laicità del cattolico - è stato protratto per molti anni ed è stato causa di conflitti non indifferenti con costi di sofferenza sociale e personali. Ad appesantire ancor più la situazione ha giocato anche una sorta di rendita di posizione che si è venuta a creare in campo politico (anche all'interno deìla sinistra che pure doveva reagire a questa impostazione) nel senso che si è entrali in politica e si è preteso di pesare politicamente «in quanto cattolici». Di pesare, quindi di ottenere consensi, non per le ragioni proposte; per ragioni, diciamo, «più ragionevoli» e convincenti di quelle degli interlocutori e degli avversari, ma solo perché cattolici. È qui che ad un certo punto (causa non ultima l'impoverimento culturale e di progettualità) che si è inizialo a comprendere, sia in ambito ecclesiale

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