Il Bianco & il Rosso - anno V - n. 50 - aprile 1994

che trasformi le ingiustizie, presenti nel nostro paese e a livello internazionale. Sempre sul piano della cultura politica bisogna fare dei passi in avanti concreti per capire bene su quali aspetti dobbiamo crescere per dare un contributo significatìvo alla fase costituente. Dobbiamo riconoscere che i nuovi conflitti come emarginazionecittà, uomo-donna, genere umano-ambiente ecologico, Nord-Sud ... , debbono avere ancora piena cittadinanza nel pensare e nell'agire politico, e che i vecchi confliti, come quello capitalelavoro, vanno reinterpretati e non ideologicamente cancellati. In secondo luogo, è importante constatare che le varie democrazie si sono affermale a prescindere da questi nuovi conflitti, con schemi troppo ideologici (EstOvest) e nazionali, lasciando prevalere oggi il principio della mercificazione dei rapporti umani e del dominio politico di pochi soggetti per lo più economico-finanziari. Non basta inoltre riconoscere l'esistenza dei conflitti nella democrazia e lavorare solo per regolamentarli, come sostengono alcune culture politiche che puntano sulle ragioni dell'esclusivo scambio politico e dell'utilità economica Ira i vari interessi e soggetti in contrapposizione. Per sperimentare qualcosa di alternativo dobbiamo superare almeno due limiti nella generale cultura politica del moderno: la scissione fattivalori e la cultura basata sulla contrapposizione, ormai famosa ma ancora ben presente, «amico-nemico». Mentre la democrazia e il conflitto hanno bisogno di una nuova stagione dei diritti (soprattutto sociali) e di una trasformazione dei poteri mediati dalla cultura della non violenza. Con la cultura del nemico e della scissione fattivalori la democrazia rischia di ridursi ad un insieme di procedure e regole che di fatto neutralizzano i conflitti o li spostano a favore dei soggetti e degli interessi forti. Con una nuova cultura politica dei diritti e dei poteri e attraverso la non violenza la democrazia può essere «strumento»di cooperazione Ira diversi soggetti e popoli, «fine» {)!LBIANCO '-'L, ILROSSO • •DJ.'ffl • a ;J ,.,,;;:a= 7, ~ J e&~..:; . -;---..... , ~ di liberazione dai conflitti squilibrati sul piano economico e sociale e «supporlo» a forme alte di regolazione delle diversità culturali, etniche e religiose. C'è infine da riconoscere che i cattolici devono esprimere la politicità sia nelle istituzioni che nella società. Se è in crisi la nostra democrazia, perché il volontariato non deve essere protagonista della scrittura positiva della futura caria costituzionale nella parie che riguarda ad esempio la ridefinizione dello Stato Sociale? Perché le associazioni ambientaliste debbono delegare e non potere esprimere, come il volontariato, i contenuti nuovi del legame ambiente-vita-economia? Perché i volontari operanti nella cooperazione internazionale debbono lasciare al!'attuale celo politico e ai soggetti economico-finanziari il compilo di stabilire i contenuti della nuova politica internazionale? Perché la cooperazione in 22 micro, piccole e medie imprese soprattutto autogestite, così diffuse nel nostro paese, deve essere inincidente nella elaborazione delle politiche economiche di fondo del prossimo futuro? Gli esempi potrebbero continuare, è giunto il momento che questa società civile, in cui militano tantissimi cattolici, non si guardi narcisisticamente ma partecipi con un autonomo ruolo politico alla costruzione della nuova democrazia e più in generale non si organizzi solo per ottenere a mo' di lobby qualche risorsa da contattare con il potere così come esso è. Nella futura democrazia questa società civile dovrà avere un ruolo permanente di trasformazione e di supporto all'autoprogettualità dei cittadini (anziani, giovani, minori, donne ... ) non più semplici utenti, ma protagonisti e partecipi della lettura dei bisogni, della elaborazione dei progetti di intervento sociale e dell'autogestione dei servizi e delle strutture di democrazia diretta. Ci sono invece due tentazioni che attraversano direttamente la Chiesa italiana e che non aiutano la maturazione politica dei cattolici: il considerare il cambiamento e le sue opportunità come qualcosa di ostile e di negativo e l'oscillare nel rapporto con i cittadini e la politica Ira collateralismo e neutralità. Se il collateralismo non ha più nessuna motivazione storica, ne mai l'ha avuta sul piano teologico e culturale, la sua continuazione rischia di scadere in ideologia e potere. La stessa neutralità non è possibile per l'esperienza di fede. Ci sono valori che vanno giocati in tutte le sfere delle società, ma ciò va fatto con il senso della ricerca, del camminare insieme agli altri e della scelta preferenziale per i poveri. Ai Cristiani Sociali, nel polo progressista, spetta il compilo di sperimentare vie nuove e fare in modo che finalmente nel nostro paese si avvii l'alternanza senza che tanti cattolici si contrappongano o restino a guardare. È urgente che si vada a governare per affrontare i nodi istituzionali, sociali, economici che rischiano di strozzare sul nascere la seconda Repubblica.

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