Il Bianco & il Rosso - anno V - n. 50 - aprile 1994

' {)~BIANCO ~ILROSSO 1U•AA11HII El'oradisperimentare vienuovediservizioreale o ggi i cattolici, come tutti i cittadini del nostro paese, si dovrebbero prioritariamente confrontare con il rinnovamento della nostra democrazia, tema di fondo della nostra società. La prima Repubblica è ormai giunta al capolinea. Occorre costruirne una nuova e allora non si può ripetere ciò che è stato fatto positivamente nell'immediato dopoguerra: diverse culture politiche in diversi contenitori e partiti. Nel nostro tempo, per una nuova democrazia, è necessario che le diverse culture si contaminino senza naturalmente che ognuno rinunci alla propria identità. Si deve invece arricchirla nel lavoro comune, trovando contenitori dove i cattolici possano esprimersi in modo pluralista e fecondo. È finita realmente la guerra fredda e gli eventi di Tangentopoli e della lotta alla mafia hanno evidenziato che la fase costituente ha bisogno di itinerari inediti. Intanto bisogna prendere coscienza che non ci troviamo più in un contesto elettorale di tipo proporzionale. Nel passato infatti la Dc stava al centro del sistemae al suo interno esprimeva tutte le varie culture politiche e posizioni sociali (si andava dalla sinistra alla destra). La prima Repubblica è crollata sotto il peso della corruzione e della delegittimazione della classe politica proprio sul centro del nostro schieramento mandandolo irrimediabilmente in frantumi. Siamo ormai in un contesto tendenzialmente bipolare, anche se imperfettoe contraddittorio. Oggi il problema principale è stabilire se i di Giuseppe·Lumia cattolici vogliono essere o meno «soci fondatori» del polo progressista o di quello di destra. Chiudere la Dc per aprire un altro partito, quelto Popolare, rischia di rendere marginali tanti cattolici che continuano ad illudersi di poter stare al centro come se fossimo ancora in un sistema proporzionale. Cosa ha fatto a tal proposito il partito Popolare? Alcuni mesi fa, appena nato, si colloca subito al centro (cioè, ";~;; .. -•. 't·":t:'!i'.. . . ,,...,·r . '-:1..:i,. 21 dentro interessi e scelte politiche ben precise) oggi invece fa appello ai cattolici per dotarsi di identità, valori e contenuti. Il processo andava fatto alla rovescia, stabilendo alla fine dentro quale contesto schierarsi. Per quei cattolici che si collocheranno nel Partito Popolare sarà inevitabile essere assorbiti dalla cultura del «bene per noi», al posto della più alta e decisiva cultura del «bene comune». Si farà testimonianza e si tenterà di trattare o con lo schieramento progressista o con quello moderato una serie di contenuti, interessi e valori a prescindere dal governo complessivo della nostra società. Un bel passo indietro rispetto alla cultura dei cattolici democratici espressa nella prima Repubblica. C'è poi un orizzonte culturale diverso dentro cui i cattolici debbono agire in politica. Non c'è più da difendere una civiltà, una serie di valori contro altre culture e identità che, seppur stando nello stesso schieramento progressista, negano i principi di fondo, ispiratori della presenza politica dei cattolici. L'orizzonte è invece della comune sorte del mondo, villaggio globale, interdipendente, attraversato da contraddizioni spaventose e ricco di nuove potenzialità, ma ancora privo di culture politiche adeguate ad affrontare la transizione. C'è poi tutta una generazione, come la mia, nata dopo il Concilio, che ormai vive nel post ideologico e senza i traumi dei blocchi della guerra fredda. Semmai dovremmo evitare che questo contesto post ideologico si caratterizzi semplicemente nel senso pragmatico e indifferente ai valori e alle necessità di una politica

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