di questo dossier, mi concentro su considerazioni apparentemente marginali rispetto al tema. Chiarito, infatti, come sia ormai da registrare una situazione di pluralità di percorsi politici a fronte di una comune esperienza religiosa e che ciò sia, da un lato conseguenza del contesto di mutazioni più sopra tratteggiato e, dall'altro, dal fatto che la «banda di oscillazione» di cui si è detto, è nel nostro paese, tutto sommalo, molto ampia, sembra· utile suggerire alcuni temi di riflessione. Acquisito che il credente possa essere tranquillamente «parte» tra le altre nello scenario del!'alternanza, sarebbe infatti il caso di approfondire quale sia lo spazio per un contributo specifico sul terreno civile. Partirei proprio dal dato istituzionale: non c'è dubbio che, almeno in una prima fase, la transizione verso il bipolarismo coinciderà con fortissime contrapposizioni frontali. Dico in una prima fase, perché l'effetto di contrapposizione è maggiore quando le identità dei nuovi poli non sono ancora formate e necessitano di definirsi oltre che in positivo anche - il che è molto più facile - radicalizzando le differenze. Inoltre la nevrosi del «voto utile», quella cioè per cui, nel maggioritario, bisogna votare solo i candidati che abbiano maggiore possibilità di successo, accentua questa illusione ottica che abbia più chances chi più appare intransigente e battagliero. Di fronte a tutto ciò ci sono due rischi: il primo è che i singoli credenti si facciano prendere dalla tentazione di utilizzare la dimensione religiosa a fi. ne di identificazione e/o contrapposizione nei confronti di altri; il secondo è che tutta la dimensione civile si esaurisca nella contrapposizione politico-elettorale. Sù entrambe le questioni il credente può dare un contributo specifico. Sulla prima, è evidente, è in gioco la credibilità della comunità religiosa tutta. Consentire il risorgere di conflitti alla Peppone e don Camillo non solo renderebbe farsesco ciò che nel passato è stato molto serio, ma, soprattutto, appiattirebbe l'immagine della Chiesa sulla dimensione politica offuscando quella che è la sua D.!J. BIANCO ""'IL ROSSO 1111 # 1HA missione principale. Sono soprattutto i laici impegnati in politica a correre questo rischio con maggiore facilità. E spella a loro dunque di adottare comportamenti che, all'interno ed all'esterno della comunità di fede, mostrino nella prassi la capacità di conciliare l'unità della fede con la pluralità delle scelte politiche. Peraltro, qualora avvenisse, questa acquisizione di «elasticità mentale» potrebbe essere opportunamente spesa anche all'interno degli schieramenti politici in cui i singoli operano, per «relativizzare» ed attenuare la durezza e la degenerazione dello scontro nella faziosità. Quanto al secondo punto va considerato che lo scontro frontale nel conflitto bipolare, se da un lato è un passaggio necessario per giungere finalmente alla democrazia dell'alternanza, espone per altro verso la convivenza civile a forti tensioni interne e rischia di erodere quei, per la verità già deboli, legami di solidarietà civileIra i cittadini. 20 Anche su questo terreno i cittadini credenti possono offrire un contributo. Da un lato continuando a promuovere (non da soli ovviamente) tutte quelle attività e servizi socialmente necessari che, però, lo Stato non è in grado di (e non deve, quindi) assumere. Dall'altro promuovendo lo sviluppo di una cultura della cittadinanza sempre più aperta e completa, delineando l'insieme di condizioni e di diritti che possono costituire, oggi, lo status del cittadino comune. Va detto infatti con chiarezza che, se sul piano politico ci si deve dividere sulle differenti opzioni, deve comunque permanere una situazione di par condicio tra i cittadini di ogni (o anche di nessuna) tendenza politica. Sarà necessario allorè prestare specifica attenzione a questo problema onde individuare quegli standards minimi di cittadinanza di cui tutti dovrebbero godere e di cui, in realtà, sono in molti ad essere privati. Vi sono un'infinità di opzioni concrete che consentono di sviluppare questo discorso. Basti considerare le possibilità tecnologiche in ordine alle comunicazioni, alle erogazioni di servizi, ai controlli sulla qualità della vita ecc. O, si pensi ancora, agli effetti dell'introduzione del principio di responsabilità all'interno delle pubbliche amministrazioni. O, ancora, agli enormi passi avanti che si d_ovranno fare nel campo della amministrazione della giustizia. Si tratta di settori per lo più inesplorati, ma senza lo sviluppo dei quali la transizione politica non potrà dirsi conclusa. Esiste infatti la necessità che il nuovo assetto istituzionale si inserisca in un contesto civile che abbia una qualità assai superiore di quello che la prima Repubblica ha finito per riconsegnarci, a cominciare da una sorta di !airplay nello scontro politico. Abbiamo forse ecceduto, in questi anni, ad occuparci di politica in senso stretto, è necessario adesso uno sforzo per ristrutturare «la casa comune» procedendo in modo parallelo sui livelli alti (le istituzioni) e sui livelli, per così dire, bassi (il rapporto Ira i cittadini e la «cosa pubblica»).
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