Giovanni Paolo II ai vescovi è suonata come una frenata ulteriore, sia per il momento prescelto (alla vigilia della nascita del Partito Popolare), sia per un passaggio in cui si parla ancora di «una forza di ispirazione cristiana» ritenuta ancora necessaria. In realtà la lettera, pur nella sua originalità rispetto ad un passato di grande riservatezza sulle «cose» italiane, invita solo ad un impegno mediante la comune preghiera, si dilunga sugli scenari europei ultrasecolarizzati, bacchetta sulle mani i tifosi del separatismo nazionale e sottolinea il ruolo dell'impegno sociale e politico dei cristiani nel solco della Dottrina sociale della Chiesa. Appare dunque un sostanzioso appoggio ai cattolici che si spingono sulla strada del rinnovamento con spirito di servizio. Se l'occhio del pontefice e di Ruini pende con fervore sui cattolici democratici alla Martinazzoli, è soprattutto per la mancanza di altri referenti in grado di assicurare la difesa «per tutta l'Europa del patrimonio religioso e culturale innestato a Roma dagli apostoli Pietro e Paolo». Nulla vieta un ulteriore ammorbidimento di linea ufficiale se il pluralismo delle scelte politiche dei credenti italiani consentirà un effettivo riavvicinamento di attenzioni e programmi tra polo progressista e polo moderato. In questo senso i cattolici potrebbero risultare comunque centrali dentro uno scenario che vede una sinistra riformista (magari non più abortista), lontana comunque dalla tradizione comunista, e una destra liberale in senso europeo, senza il kitsch leghista o le brillantine berlusconiane. Ma quanti sono coscienti di questo comune obiettivo tra chi si sente «cattolico», nell'attuale isterico confronto politico? Chi vede come ideale proprio una nettissima e totale contrapposizione tra poli totalmente alternativi di per sè allontana la possibilità di una «alternanza» praticata senza traumi: e in più, nel caso italiano, allontana la soluzione dell'anomala questione cattolica. La rigidità della Chiesa di Roma asi)!LBIANCO OIL, ILROSSO • •11 )-i§•t I ;J sume così un sotterraneo avallo, per mancanza di interlocutori. Altrettanto sterile e irritante mi appare il persistere dentro il fronte progressista di un atteggiamento di «O con noi, o col Diavolo»verso i cattolici più incerti o tradizionalisti. I cattolici da tempo dentro il Pci proseguono imperterriti il loro invito alla diserzione dalle fila della ex sinistra Dc, pena la 18 condanna dei cattolici all'insignificanza o alla «svendita» alla destra rampante. Ma chi fa seriamente un bilancio della presenza dei cattolici nelle esperienze delle sinistre? Se sono nate prima una Rete e poi un movimento di Cristiano-Sociali è perché il «cattolico impegnato» è stato per troppi anni un lustrino di scarso peso. Di solidarismo se ne è visto poco, di assitenzialismo comunque troppo. E non è con gli esempi e i ragionamenti del passato che si potranno oggi spostare i cattolici politicamente non organizzati, quelli abituati a lavorare nel volontariato e nelle esperienze ecclesiali in silenzio e senza ambizioni di apparire. Solo un modo diverso di fare politica potrà risultare almeno credibile verso questa complessa galassia. Un piccolo aiuto potrà venire in questa fase dal radicamento dei Cristiano-Sociali, che tutto vogliono essere, meno un movimento confessionale, nel senso di non rivolgersi esclusivamente ai credenti, ma a tutti coloro che si ritrovano in un comune «sentimento» verso i problemi sociali. Se risultati elettorali già ci saranno, sarà bene non gridare per l'ennesima volta al riuscito «traghettamento» verso sinistra. Da vent'anni questa diaspora prosegue lenta e positiva, senza per questo riuscire a sciogliere il nodo della «credibilità» piena di altre forze politiche agli ocç::hidell'episcopato e del nocciolo duro di credenti moderati. In questo senso, solo la chiarezza dei «progressisti» sui programmi e sulle scelte concrete nel nuovo Parlamento potrà avviare una fase più positiva di dialogo verso chi, perdendo la vecchia «centralità» cattolica, avrà preferito per ora il silenzio o il ripiegamento nel privato, nel «calduccio» comprensivo di parte del proprio clero. Non dovrebbe altrimenti sorprendere, se a quella stessa area, dovesse poi alzarsi una voce critica e attendibile, sia verso i vincitori sia verso i vinti delle elezioni, se non sapranno mantenere le attese di questo confuso Paese.
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==