Il Bianco & il Rosso - anno V - n. 50 - aprile 1994

to» a un sviluppo sociale qualitativo, guidato da una politica capace di progettualità e di scelte di carattere etico. In dimensione italiana a me sembra che uno scenario maturo dovrebbe portare alla presenza di due posizioni «estreme» rappresentate da una parte da Rifondazione comunista e dall'altra dal Msi-Alleanza nazionale, entrambe forze di opposizione più che di governo, non necessariamente escluse da amministrazioni locali né dalla partecipazione alla creazione del consenso su questioni isfituzionali o costituzion.ali, ma di norma esterne alla formulazione di programmi politici veri e propri (e delle .conseguenti maggioranze) in ragione della eterogeneità della loro proposta. Questi soggetti politici hanno tuttavia una utile funzione di rappresentanza politica di una quota di cittadini altrimenti tentati dal disinteresse (astensione) o dalla rottura polemica (violenza). Il panorama politico potrebbe comprendere ancora a lungo soggetti anomali come la Lega (ed altre formazioni analoghe che potrebbero nascere, non necessariamente solo nell'area considerata di «destra» né solo al Nord), che per certi versi rappresenta una realtà «prepolitica», una rappresentazione non mediata di interessi localistici e/o corporativi. E l'alternanza, il bipolarismo, dove sono? Eccoli: al centro dello schieramento dovrebbero poi formarsi due grandi poli, ciascuno abbastanza omogeneo, caratterizzati appunto dalla grande scelta strategica e mondiale tra il capitalismo «così com'è» e il capitalismo «guidato e corretto». Questi poli rappresenteranno i due termini della vera alternanza e si distingueranno non solo per la politica economica ma anche per la radice culturale ed etica e, - entro i limiti compatibili con una democrazia dell'alternanza (in ciò diversa da un regime di lunga durata) - per il progetto di società. A me sembra del tutto evidente che i cattolici italiani - per loro scelta naturale, non certo per imposizione gerarchica - sono chiamati ad essere parte fondamentale e caratterizzante di questo polo «progressista» o «rifar- {)!LBIANCO '-'L, ILROSSO • •t•)-'ffl • a ; 1 mista» o «dello sviluppo sociale» o «della politica come amore e progetto» (e non come gestione degli interessi prevalenti), insieme con le altre forze eredi della tradizione socialista e liberale e a quelle più nuove, nate dall'attenzione all'ambiente, alle nuove forme di partecipazione, del volontariato, della convivialità e della non-violenza. Ci potranno naturalmente essere anche cattolici nell'altro «polo», ma certo non potranno dirsi coerenti con l'insegnamento sociale della Chiesa, con la tradizione del cattolicesimo democratico, con l'immagine di uomo sviluppata dal pensiero personalista, col nucleo essenziale di una morale che propone come ideale l'amore per l'altro a cominciare dagli ultimi. Proprio il tema degli ultimi è decisivo. Nella società del «benessere», benessere apparente a fronte di una reale insicurezza, è proprio il tema degli «ultimi» ad essere discriminante per i cattolici. In una società dove il «terzo escluso» rischia di essere emarginato dal processo produttivo, dallo Stato sociale e dalla stessa dinamica della speranza rappresentata dalla possibilità di far valere democraticamente la propria presenza, i credenti non possono che condividere la collocazione minoritaria dei poveri. Non solo per farsi portatori delle loro attese, ma anche per contribuire a farne forza decisiva e corresponsabile nella guida del Paese. Se si parla di solidarietà e di «ripartire dagli ultimi» proprio di questo si tratta: di schierarsi, senza tentazioni giacobine, insieme con gli interessi e i ceti più deboli, che sono proprio quelli che hanno pagato il prezzo più alto per le rapine di Tangentopoli e per l'inefficienza e il clientelismo di quella autentica associazione a delinquere che andava sotto il nome di Caf. In questo momento il processo di scomposizione e ricomposizione è solo iniziato e perciò io credo che i credenti che si trovano nei vari schieramenti (penso naturalmente soprattutto ai Cristiano-Sociali e alle forze più vive e consapevoli del Partito popolare, ma anche a molti che si trovano in diver15 sissime altre collocazioni, dal Pds alla Rete, dai Verdi alla Lega) debbano oggi sviluppare la loro strategia di presenza e di dialogo avendo presente un più vasto e futuro scenario; quello nel quale si trovino a competere da un lato le forze della cultura radical-liberista, consumiste e secolaristiche; e dall'altro lato quelli che credono in un progetto politico di sviluppo materiale e morale, moderato e solidale. Anche la scelta coraggiosa di difendere l'identità e la autonomia strategica del nuovo soggetto politico che ha preso il nome di Partito popolare e che si offre come punto di riferimento e strumento per quei cattolici che ne condividono l'ispirazione mi sembra significativa in questo contesto. Non vuole essere, io credo, la pretesa di una impossibile neutralità né la presunzione di una superiorità né una volontà di testimonianza fine a se stessa. Non subire la logica della efficacia a breve tempo e della contrapposizione bipolare in un momento in cui essa appare rozza e strumentale, mi sembra scelta non solo nobile, ma anche lungimirante. Si tratta di definire un patrimonio ideale tuttora prezioso, che altrimenti rischia di perdersi. Non importa se al prossimo Parlamento esso sarà rappresentato da trenta o cento persone. Conta che sia presente, che milioni di cittadini lo facciano proprio anche senza la prospettiva di un successo immediato. Quale catarsi dai passati «successi»! Certo, per essere veramente utile al Paese in futuro essa può e deve tuttavia accompagnarsi ad una grande capacità di iniziativa e di dialogo, ad un grande rilancio della progettualità attraverso la quale, come al tempo della Costituente, i cattolici democratici, insieme agli altri uomini di buona volontà, portino un contributo originale e necessario. Tutti i cattoliéi democratici: quelli che oggi sono maggioranza nel Partilo popolare insieme a quelli, pur numerosi, che si trovano in altri schieramenti ed anche a quelli che oggi sono perplessi o confusi o arrabbiali. Insieme con tutti gli uomini di buona volontà: quelli che hanno una visione non·egoista della vitae della politica.

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