Il Bianco & il Rosso - anno V - n. 49 - feb.-mar. 1994

multiculturale e multireligiosa, in cui - se ancora la cultura cattolica è largamente dominante, e tale rimarrà in futuro, prevedibilmente - la prospettiva sarà quella di un mosaico di svariate minoranze religiose, che di volta in volta dovranno patteggiare, fra loro e con lo Stato, per tutelare i propri diritti e la propria identità. Alla luce di uri simile quadro, si conferma perdente qualsiasi nostalgia di un passato più o meno glorioso ed unitario. Dobbiamo abituarci (o «rassegnarci»: dipende dai punti di vista... ) a vedere cattolici schierati in tutte le formazioni politiche (come anche protestanti ed ebrei, del resto, ed in prospettiva musulmani: non si è ancora spenta l'eco della notizia di un ebreo romano che alle elezioni amministrative dello scorso dicembre si è presentato nelle liste del Movimento Sociale ... ). Fatta salva, dunque, una trasversalità che è nelle cose, e che è ormai definitiva, il dibattito si sposta sul1e' ventualità e sulla rilevanza - che a me pare innegabile - di mantenere, in tale contesto, uno spazio ed un ruolo per il cattolicesimo democratico, col patrimonio della sua storia dei"suoi valori. Si tratta di valori che, nel postConcilio, abbiamo ritrovato nelle motivazioni ideali e nell'azione concreta di tanta parte del volontariato, del cattolicesimo sociale, dell'evangelo vissuto ferialmente da mille parrocchie e chiese locali; di valori profondamente in crisi nell'attuale transizione, quali una solidarietà attiva nei·confronti degli «ultimi», una lotta per la pace e contro ogni forma di razzismo, una sensibilità attenta alle situazioni di marginalità ed emarginazione, una proclamazione dei diritti di cittadinanza per tutti (e in particolare per gli immigrati e i più poveri). Valori, come si vede non certo esclusivamente-cattolici, o dei quali essi possono dichiararsi depositari: ma dei quali almeno i cattolici, insieme ad altri cittadini, sono chiamati ad affermare la centralità. Oltre a quelli, la dignità del fare politica, la politica come valore positivo - nonostante il sentire diffuso nel!'epoca di Tangentopoli - e contemporaneamente come «limite»: dato che la {)!LBIANCO ~ILROSSO 1111;.1• §1 a ;J politica si è accorta, finalmente, di non poter risolvere tutti i problemi; dato che esistono spazi e ambiti che la politica non è in grado di frequentare. Non sarà un cammino facile, e sarà un cammino tutto in salita. Come ha scritto bene F. Gentiloni, c'è da ritenere che stenteremo ancora a lungo ad individuare i modi e i empi su cui intervenire: «Gli stessi ripetuti interventi sulla solidarietà e sulla occupazione non sembrano offrire né agli imprenditori né agli operai piste di soluzione convincente. Fra etica e politica, la via è stretta e impervia»3 . Nel frattempo, da sinistra, dovrebbe chiudersi - anche in questo caso, definitivamente - la stagione della cosiddetta «questione cattolica», che non di rado mascherava un disinteresse, o una sottovalutazione, del ruolo dei fenomeni 50 religiosi nelle società post-moderne. Oggi, mentre sempre più si discute della fine dell'eclissi del sacro e addirittura di «rivincita di Dio» (G. Kepel), una simile miopia, si rivela particolarmente depauperante e colpevole. E anche qui l'itinerario sarà in salita: ma i primi passi si stanno muovendo. Ad esempio, tutto un certo armamentario, persino linguistico, legato alla stagione del cattolicesimo politico del pre89 («mediazione», «scelta religiosa», «riaggregazione» e così via), deve comunque essere rivisto, essendo non più utilizzabile né comprensibile. Questa nuova realtà sarà positiva per la Chiesa, che può scendere in strada, nella compagnia degli uomini, senza più la mediazione di uno - o più - partiti. L'unica unità, per i cattolici, rimarrà quella «nel servizio»; e poi quella liturgica, nell'eucaristia che ci vede spezzare domenicalmente un pane di fatica e di speranza: nella convinzione che il prossimo obiettivo è di una «convivialità delle differenze», sia pure «a caro prezzo». Come ogni reale unità; come ogni sincera convivialità. In nome di una «contaminazione» che - evitando i rischi del fondamentalismo e del dogmatismo - potrà risultare feconda di esperienze nuove se i cristiani sapranno essere «lievito nella pasta», cogliendo i semi nascosti di libertà e giustizia e contribuendo a farli fruttificare. In tal senso, il proemio della «Gaudium et Spes» ci sta ancora davanti, come scenario e progetto: «Legioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d'oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo ... ». Note 1 Bonhoeffer D., Resistenza e resa, Paoline, Cinisello Balsamo (Ml) '88, p. 367. 2 Cfr. per una trattazione più ampia il nostro Giolo A. - Salvarani B., I Cattolici sono tutti uguali? Una mappa dei movimenti della chiesa, Marietti, Genova '92. 3 Gentiloni F., Sinistra e cattolici, dopo la Dc cosa?, in «Il Manifesto» del 3 febbraio 1994, p. 18.

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