{)!LBIANCO ~ILROSSO 111 -i--m• a; 1 L'unicaunitàchevale: pregare,eservirel'uomo oi siamo cresciuti nell'esperienza dei nostri genitori e dei nostri nonni, che l'uomo possa e debba progettare, costruire e plasmare la propria vita in prima persona, che la vita abbia uno scopo per il quale l'uomo deve decidersi e che poi debba e anche possa perseguire con tutte le forze. Ma abbiamo imparato che non possiamo concepire progetti nemmeno per l'indomani, che quanto abbiamo costruito viene distrutto la notte successiva e che la nostra vita, a differenza di quella dei nostri genitori, è diventata informe e frammentaria. Posso comunque soltanto dire che non vorrei vivere in nessun altro tempo che il nostro, anche se esso è così indifferente al nostro benessere esteriore» 1 • Non mi pare inutile, volendo proporre alcune riflessioni (sia pure un po' alla rinfusa) sul rapporto fra cattolici e politica oggi in Italia, riandare innanzitutto alle considerazioni di Dietrich Bonhoeffer dal carcere nazista a proposito del battesimo di suonipote, nel maggio del 1944. Prossima a quella descritta dal teologo luterano, infatti, credo sia la nostra condizione attuale, in un tempo in cui la memoria conciliare si è fatta flebile e si è esaurito il modello della cristianità: mentre sperimentiamo - credenti e non - un'insicurezza generalizzata, la frantumazione delle speranze collettive, l'impossibilità di offrire e/o ricevere parole salvifiche definitive sul nostro agire nel mondo. In tal senso, la scardi BrunettoSalvarani na e radicale indicazione tracciata nella medesima lettera da Bonhoeffer - «pregare» e «operare per la giustizia tra gli uomini» come unici caratteri del cristianesimo futuro - ci sta ancora tutta davanti, ed è ancora estremamente attuale. La nostra esperienza di credenti in Gesù di Nazareth impegnati nell'arte della politica ce l'ha fatta percepire, negli ultimi decenni, come una «realtà penultima» (al pari della sessualità, l'amicizia, l'amore), sulla quale, peraltro, misuriamo la possibilità di accedere alle «realtà ultime», alla visione di Dio. Una realtà penultima: debole, lacunosa, contraddittoria, eppure assolutamente insostituibile per misurare il nostro grado di «fedeltà alla terra» e alla parola biblica. Realtà penultima, e perciò profondamente, autenticamente «laica», priva di ricette precostituite: ecco, in ogni caso, l'orizzonte entro il quale situare, a mio parere, qualsiasi ragionamento sul cattolicesimo politico; un'orizzonte che taglia alla radice ogni ulteriore pretesa di detenere un monopolio al riguardo. Un secondo dato è la progressiva perdita di senso di un «topos» tradizionale, la rottura tra i cattolici e il «mondo», trct la chiesa italiana e le ragioni della modernità. Se a lungo, nel nostro paese, il cattolicesimo si era proposto come esperienza alternativa a qualsiasi altra, elaborando una propria cultura, un modo esclusivo di agire in politica, una propria morale; quei confini precisi, quelle nette distinzioni, alla luce della situazione prefigurata dalla «Gaudiun et Spes», oggi non valgono più: e la grande maggioranza dei cattolici, ormai, ap49 partengono definitivamente ad un tempo e ad uno spazio che definirei della «contaminazione». I movimenti, i gruppi, le associazioni di quello che chiamavamo «mondo cattolico» - ed ora assomiglia sempre più adunarcipelago accentrato - sono forse la manifestazione più diffusa e vistosa di tale «contaminazione» (paradossalmente, lo si può notare anche in realtà apparentemente ostili, o reattive, nei confronti del «mondo» e della modernità, e che invece di essi hanno introiettato aspetti non secondari, come nel caso di Cl, col suo uso spregiudicato dei media e dell'agonismo partitico, o della stessa Opus Dei, che punta su metodologie tecnocratiche per la formazione delle proprie élites manageriali, e si potrebbe proseguire). La maggioranza dei cattolici, che si lascia sempre meno pilotare dall'alto, può esser detta «infedelmente fedele», filtrando le indicazioni del magistero attraverso la propria coscienza, la teologia, la parola di Dio, l'attenzione all'umanità e alla sua storia. Il Movimento cattolico, dunque, non appare più unitario, radicato in una sola tradizione, ma è «movimenti», realtà plurale e diversificata, tanto che l'unità vagheggiata in tanti pronunciamenti della Cei può essere realizzata solo in modo nuovo, trasversale, tramite una rinnovata capacità di ascolto di cui la gerarchia ha dovuto, bongré malgré, dare prova (anche se non di rado si è rivelata impari di fronte al compito diverso). Una terza considerazione è riferibile al mutato scenario della società italiana sul piano religioso: ci stiamo accorgendo, infatti, di stare vivendo in una cornice
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