OlLBIANCO ~ILROSSO i i., i 111 ;J t+J IY Cattolicni ellatransizione: rischie opportunità di LuigiF. Pizzolato A tre rischi pare, stando anche alla recente lettera del Papa, sottoposto oggi il rapporto dei cattolici italiani con la politica: 1. che, per effetto della caduta delle ideologie, avanzi una politica che non si misuri più con i valori, ma sia attenta solo a «forme» e strumenti; 2. che anche per effetto d'una cattiva gestione della politica da parte di cattolici, si concluda che non è più necessaria una loro presenza organizzata e quindi sia rifiutata al loro patrimonio una espressività in politica; 3. che la confusione degli schieramenti distolga i cattolici dal loro impegno di presenza nel costruire la città. Poco da dire sul terzo. Non perché sia il più facile da sbrigare - ché, anzi, concretamente è forse il più arduo -, ma perché non presenta problemi da un punto di vista teorico. Si comprende facilmente p.nche l'esigenza che i cattolici elaborino comuni posizioni politiche a partire dal loro patrimonio. Il problema sarà qui quello di individuare canali e strumenti di una comune elaborazione: pensiamo che essi debbano essere di natura eminentemente culturale e da sviluppare all'interno del mondo cattolico (settimane sociali, consulte locali, osservatori e commissioni di attenzione al sociale, scuole di formazione politica, associazioni di cultura politica cristianamente ispirate ... ). Va comunque precisato che quella elaborazione, affinché abbia spessore politico, deve dar luogo non solo e non tanto a affermazioni di adesione ai valori, ma soprattutto a proposte politiche precise. Una riflessione comune gioverà all'insediamento politico dei valori, anche se potranno necessariamente essere diversificate, a seconda dei giudizi politici, la priorità e le modalità di traduzione. Diverso problema è quello della necessità di una «forza» politica (che però la lettera papale 4 stessa non qualifica come unitaria), che sia espressione visibile, nella sua dichiarata ispirazione cristiana, dei valori cristiani in politica. Essa dovrebbe non solo tradurre in proposte politiche i valori cristiani, ma far vedere quasi come quelle proposte si colleghino direttamente al patrimonio cristiano. La ragione di questa necessità risiede nel pericolo che l'assenza di una forza politica connotata come cristiana comporti la possibilità di una emarginazione dei cristiani e dei loro valori dall'orizzonte della politica. E che possa venire addirittura dichiarata irricevibile qualsiasi fonte prepolitica dei valori, fino al punto da dar luogo ad un annegamento di essi in una palude di puri strumenti presunti neutrali. C'è, insomma, il rischio che la politica diventi solo una «illuministica» ricerca di strumenti formali, che pretendano di surrogare i valori stessi, dei quali nessuno si impegnerebbe a giudicare il grado di verità per l'uomo. È legittimo, a questo punto, chiedersi se a determinare il collegamento tra il mondo dei valori e quello delle decisioni politiche sia, attualmente, più utile e congruo uno strumento partitico cristiano oppure presenze politiche cristiana - mente ispirate. Specie oggi, in cui è fresco il ricordo d'una forza politica cattolica che non è stata nel recente passato fedele a quella ispirazione, c'è il rischio che una forza siffatta sia vista come l'erede di quella passata, e che perciò renda addirittura impopolari i suoi valori. Nessuna garanzia esiste poi che una tale forza sappia comunque gestire più compiutamente e meglio di altre il proprio patrimonio ideale nella politica. Resta infatti sempre aperto almeno il problema delle priorità che questa forza stabilisce tra i valori del suo patrimonio che essa vuole tradurre: può darsi infatti che una forza dichia-
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