mocrazia interna e alla responsabilizzazione delle loro strutture (come le stesse penose contrapposizioni di segretari amministrativi e politici nelle aule giudiziarie ha recentemente testimoniato). Ciò che poteva essere tollerato o non visto nell'epoca della guerra fredda quando i partiti potevano credere che un controllo sulla loro democrazia interna poteva costituire una minaccia per la loro vita e quando il collante fornito dalle ideologie costituiva anche un forte autocontrollo, diventa ora intollerabile. Occorre non certo indebolire i partiti (çome troppo spesso si dice superficialmente) ma al contrario rafforzarli come istituti di diritto pubblico di rilevanza costituzionale con tutte le garanzie che sono necessarie per l'accesso, la gestione e il controllo da parte dei cittadini, riprendendo e aggiornando lo splendido progetto di legge inutilmente presentato da Luigi Sturzo nel 1958. Soltanto una riforma dei partiti in questo senso può aprire la strada a quella libera espansione dei movimenti, delle associazioni portatrici di idee (e anche di legittimi interessi) che è il presupposto fondamentale di una democrazia matura come possiamo vedere nella esperienza particolare dei paesi anglosassoni. Nel nostro sistema bloccato abbiamo visto invece negli ultimi anni un aggravarsi della situazione con il camuffamento dei partiti in movimenti (irresponsabili anche nei confronti dei propri aderenti) e dei movimenti in partiti, abbiamo visto ogni tipo di trasversalismo e la cialtroneria delle doppie tessere di appartenenza ecc. I movimenti veri - da quelli del volontariato alle associazioni di categoria - possono crescere soltanto se escludono dalla propria azione la gestione diretta del potere per rivolgersi invece alla mediazione, costituzionalmente prevista e legalmente regolata, dei partiti. Se queste riflessioni sono valide su di un piano generale sono ancora più importanti per il problema specifico del mondo cattolico e della sua incidenza sulla società. La fine dell'unità partitica dei cattolici e il tramonto del i)!LBIANCO ~ILROSSO • nu.•-as, ;J collateralismo deriva dal grande mutamento storico che stiamo vivendo: la mediazione tra la Chiesa e lo Stato non può più avvenire come in passato tramite un partito (qualsiasi siano state le giuste teorizzazioni sull'autonomia dei laici e sulla ispirazione cristiana questa funzione di mediazione è sempre stata concretamente importante) ma deve passare attraverso le molteplici espressioni della comunità cristiana concreta. Può sembrare paradossale, specialmente se si confronta questa affermazione con pronunciamenti anche recenti, ma la prima grande manifestazione della fine del partito dei cattolici è stata data dalla stessa gerar34 chia ecclesiastica con la sottoscrizione del concordato del 1984: con la fine del diretto finanziamento pubblicostatale dell'organizzazione ecclesiastica e il suo diretto collegamento con la società cristiana (sia pure attraverso la mediazione dell'8%o) si è posto fine ad un rapporto secolare diretto tra Stato e Chiesa in vigore da secoli (un ragionamento analogo andrebbe fatto sulla abolizione del giuramento di fedeltà dei vescovi allo Stato, sancità nello stesso concordato). In questa nuova situazione storica i legittimi interessi della Chiesa istituzionale non possono più essere tutelati da una parte politica, anzi questo è molto pericoloso dal momento che un collateralismo partitico può mettere in pericolo proprio quella mediazione sociale che non soltanto è utile ma indispensabile per assicurare la sopravvivenza economica (e non solo) della Chiesa nella nuova situazione. Se c'è qualcosa di vero in quanto detto il problema è proprio quello di andare in senso inverso all'unità di tipo partitico, cioè quello di dare alle forze cristiane impegnate nella cultura e nella società la possibilità di esprimersi visibilmente nei diversi schieramenti in cui di volta in volta si esprimerà la dialettica democratica per costituirne un vero e visibile lievito (nessuno di noi pone in discussione la necessità di una visibilità anche collettiva della esperienza cristiana). Vi sono dunque due possibili modi di vederci tra di noi: in molti ci conosciamo da decenni e basta uno sguardo quasi senza parole per comunicarci le nostre esperienze intrecciate. O ci vediamo come reduci di molte battaglie pieni di ferite ma che ancora una volta vogliono tentare di dare un contributo di testimonianza o ci vediamo invece - e io ne sono pienamente persuaso - come portatori di energie che sono state compresse per tanti motivi nei decenni precedenti: ora in questa fase di liberazione dobbiamo ancora svolgere una importante funzione, non soltanto di testimonianza ma di responsabilità politica, di collegamento con il nuovo che sta nascendo e con le giovani generazioni.
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==