uscire dalla contrapposizione di comodo tra canale unico e sistema duale rigido); - ripensamento complessivo del post-secondario e dei diplomi universitari di primo livello; b) sarebbe, d'altra parte, un non senso procedere a una riforma del sistema dell'istruzione se non fossimo,_poi, in grado di offrire ai giovani un futuro; bisogna dunque, elaborare una seria politica del lavoro (tre milioni di disoccupati non solo pesano sullo sviluppo del paese, ma sono altresì una quotidiana offesa alle attese della gente); c) l'attuazione di una maggiore autonomia delle realtà regionali, all'inse- {)!LBIANCO ~ILROSSO 1 •1k11§t, a ;J gna del principio della sussidiarietà (quello che può essere fatto a livello periferico non deve essere surrogato dal centro); d) politica di risanamento (urge una politica che, senza rinnegare lo Stato sociale, eviti assistenzialismo e sprechi: solo così è possibile porre le premesse per una più equa distribuzione della ricchezza). In questi giorni, di fronte al faticoso delinearsi degli schieramenti, mi sono spesso chiesto quali potrebbero essere le discriminanti di una politica progressista rispetto a una politica moderata. Me ne sono venute in mente alcune, che molto semplicemente vi propongo: - la tesi che la politica sia non la registrazione dell'esistente, ma un contim,10 sforzo creativo di idee e scelte finalizzate alla creazione di nuovi equilibri sociali; - un forte impegno in favore dell'equità, coerentemente con il principio della radicale uguaglianza di ogni persona in quanto persona; - l'esigenza di una vita politica sempre più partecipata (la costruzione della città deve essere perseguita con il concorso di tutti, per modo che ciascuno diventi soggetto attivo di storia, oltre che protagonista del proprio personale destino). Dopola«liberazionet»e:stimonianza e nuovaresponsabiliptàolitica D esidero soltanto ingrandire un piccolo particolare del grande e affascinante quadro generale che ci ha offerto Alfredo Carlo Moro sulla nostra storia e sui motivi del nostro essere qui oggi. Egli ha definito l'unità partitica dei cattolici non soltanto come impossibile o storicamente superata ma come «depauperante» rispetto alla potenzialità di espressione della vitalità del mondo cristiano nella realtà sociale e politica italiana del nostro tempo. Condivivendo in pieno questa diagnosi credo che l'analisi di questa affermazione vada approfondita a due livelli: rispetto ai problemi generali posti a tutto il sistema politico italiano in questa fase di passaggio della nostra vita democratidi Paolo Prodi ca (non amo parlare di passaggio dalla prima alla seconda repubblica perché penso che i princìpi della nostra carta costituzionale rimangano ancora sostanzialmente validi) e rispetto allo specifico del mondo cattolico. Sul primo livello più generale mi sembra che non si sia affrontato in questi ultimi anni, in tutte le discussioni che sono state fatte sul rinnovamento, il problema della riforma dei partiti in quanto tali: si è parlato e deliberato di riforme elettorali, si è parlato e anche fatto (ad opera della magistratura) contro la corruzione e l'occupazione della società da parte dei partiti stessi ma poco si è detto sulla necessità di affrontare il problema alla radice nella «formapartito». Si rischia così di vanificare i risultati acquisiti permettendo, nonostante le proclamazioni astratte, i ca33 muffamenti e il riciclaggio dei vecchi uomini e delle vecchie strutture, con la sola eliminazione dei casi più scandalosi, aggredendo i sintomi della malattia e non le sue cause. Il passaggio alla democrazia matura o del!'alternanza implica infatti la necessità di attuare finalmente l'art. 49 della nostra costituzione che fa dei partiti il perno del nostro ordinamento, il giunto di trasmissione tra la società e le istituzioni. «Tuttii cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale». In realtà i partiti sono rimasti sino ad ora sottratti a qualsiasi vera forma di controllo della loro democrazia interna e l'aumento della loro presa sulla società è stato inversamente proporzionale alla possibilità di controllo sulla loro de-
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