Il Bianco & il Rosso - anno V - n. 49 - feb.-mar. 1994

.{)!L BIANCO ~ILROSSO 1§ 111I (u ;J ti1IH lo stesso Martinazzoli ancora alla costituente Dc del luglio scorso, quando la disicriminante 'rigida era posta semmai a destra verso la Lega, mentre verso il Pds si prospettava un rapporto di sfida-competizione sul piano politico essendo venute meno le pregiudiziali ideologiche; l'ispirazione e la tradizione più genuina di un partito che lo stesso De Gasperi (che pure conobbe il pungolo dossettiano alla sua sinistra) aveva raffigurato come «partito di centro che guarda asinistra»; il precedente di Moro che - merita rammentarlo agli immemori - condusse il Partito comunista (dico il Partito comunista!) ben sedici anni fa, ancora regnante Breznev, nella maggioranza di governo; la menzionata rottura con i Casini e i Mastella, prodottasi appunto sulla politica delle alleanze e che autorizzava a sperare che, scongiurata l'apertura a destra, si esplorasse l'ipotesi simmetrica e alternativa. Al contrario, Martinazzoli ha pagato il prezzo di una rottura senza profittarne per sciogliere il nodo della politica delle alleanze. Anzi, dovendo nuovamente trattenere chi, come Buttiglione e Formigoni, da posizioni di responsabilità entro il Partito popolare, propugna aperture a destra non molto dissimili da quelle dei «centristi» fuoriusciti. Speravo, come dicevo, in una interlocuzione con l'area progressista, per dare corpo a un'aggregazione di centro-sinistra che escludesse Rifondazione comunista. Non già in nome di pregiudiziali ideologiche, ma di corpose incompatibilità politiche e di ragioni di opportunità connesse alla logica del maggioritario, ove decisiva si rivela la conquista del consenso dell'elettorato moderato di centro. Le cose non sono andate così. Di più: al Nord, ove la variabile Lega avrebbe dovuto suggerire il disegno di un «cartello democratico» che andasse dal Partito popolare al Pds, i dirigenti del Partito popolare hanno chiuso ogni spiraglio. Esplorando piuttosto sino all'estremo limite l'ipotesi di intese sul centro-destra ed enunciando a tempo e fuori tempo che gli avversari sistemici sarebbero non più la Lega o il Msi ma l'alleanza progressista. In definitiva sanzionando la figura di un partito di centro attraversato da spinte a 3 destra a fatica trattenute, cioè una direzione di marcia rovesciata rispetto a quella inscritta nella menzionata locuzione degasperiana. In questo quadro, come può regolarsi un cattolico democratico e sociale di orientamento riformatore ancorché immune da spirito giacobino e da nostalgie catto-c'omuniste? Con rammarico, vincendo resistenze psicologiche e culturali sempre plausibili allorquando si è indotti a lasciare il campo e l'alveo a sé più familiQre,penso sia tenuto a sperimentare vie nuove, nel segno di una fedeltà creativa al proprio patrimonio. Acquisito che la «forma»convenzionale sembra, ..al- . meno in questa fase, avere smarrito o quantomeno estenuato la «sostanza» etico-politica di una tradizione. È, se non vedo male, un po' quello che sta facendo la coraggiosa pattuglia dei Cristiano-Sociali. Che potranno anche sbagliare qualche passo (e, personalmente, non ho elementi a sufficienza per giudicare se sia stato bene siglare l'intesa elettorale di «alleanza progressista» nonostante non si siano realizzate a pieno le condizioni sulle prime avanzate), ma ai quali vanno ascritti taluni meriti obiettivi; quello di tenere desta, sul piano politico, una sensibilità oggi negletta; quello di stare dentro i processi reali quand'anche non corrispondano precisamente alle nostre preferenze; quello di non limitarsi a «custodire il seme» nella sua integrità, ma di disporsi ad «investire il talento»; quello di non rassegnarsi all'idea che gli esigenti traguardi additati dalla dottrina sociale della Chiesa sono buoni soltanto per i fervorini intracattolici e per la retorica pubblica, ma puntualmente si arrestano sulla soglia dell'effettività politica. Personalmente, mi sono sempre riconosciuto nel solco della lezione di Aldo Moro. Mi fa riflettere perciò l'approdo ai Cristiano-Sociali di Alfredo Carlo Moro, stimato magistrato e fratello di Aldo. E, confesso, mi sorprende che taluni limpidi eredi del pensiero moroteo (penso, ad esempio, a Leopoldo Elia, verso il quale nutro sentimenti di viva stima ed amicizia) oggi risucchiati entro un disegno centrista e moderato non diano mostra di patire un senso di mortificazione.

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