cretamente vissuti e che l'autenticità del traguardo cui si tende non può essere vulnerata dal fatto che altri camminino accanto a noi lungo il tragitto. Solo in questa chiave è possibile recuperare il significato vero della politica, del quale così bene ha parlato Carlo Moro; solo così è possibile intendere che politica e solidarietà sono, vivendole nella pienezza delle loro potenzialità, soltanto sinonimi, modi diversi di attuare la vocazione dell'uomo ad essere per gli altri, ad intendere la propria personalità anche come cittadinanza. Ma ecco che, così ragionando, si possono riempire di altri no- .!),!.L BIANCO "-", ILROSSO 1111 ;.-s,• a ;I mi e cognomi le lucide caselle della costruzione di Moro. Non possono far parie della nostra cultura gli atteggiamenti di chi, come Bossi, incentra il suo modello politico (al di là degli artifici di un federalismo di facciata) sulla necessità di consumare (o investire) la ricchezza negli stessi luoghi dove viene prodotta, in tal modo distruggendo la stessa ragione d'essere della politica, il suo valore unificante. Egualmente non ci appartengono gli atteggiamenti di chi, come Berlusconi, pretende costruire la politica come prodotto, come merce da piazzare attraverso un accorto bombardamento pubblicitario, come contenitore fosforescente di un nulla (salva la conservazione dei propri privilegi conquistati con la compiacente convivenza del vecchio regime). Capite allora che questo nostro ritrovarci qui stamattina, questo sentirsi uniti da un comune modello nel quale la nostra cultura si salda con la necessità di un impegno comune perché si evitino esili di tipo gattopardesco, non è né accidentale né fortuito. È l'unica speranza che nel tempo breve ci rimane perché le appassionate battaglie di un recente passato non risultino del tutto inutili. TraVerdie Cristiano-Sociali unanaturaleconsonanza e ome già in occasione della relazione di Gorrieri ali'atto della prima uscita pubblica dei Cristiano-Sociali esprimo il pieno consenso con la relazione di Moro. Questa società della solidarietà, dell'attivazione piena e ricca di tutte le sue componenti nella partecipazione alla democrazia, è la nostra visione della società. E rappresenta anche la via d'uscita concreta e credibile per una crisi economica che riguarda l'Italia né più né meno che le altre grandi società industriali: i nostri tre milioni di disoccupati sono dentro i 22 milioni di disoccupati Cee e, questi, dentro i 35 milioni dell'area Ocse. La «società dei consumi», competitiva e dissipatrice, poteva essere discussa sotto il profilo etico o ambientale: era la lucida analisi della «Centesimus Annus»che metteva in evidenza il collegamento tra la ricerca esasperata del di Gianni Mattioli profitto, la conseguente espansione del consumismo, e perciò il degrado dell'ambiente e la ribellione della natura. Oggi bisogna prendere atto che questo modello è anche insostenibile dal punto di vista economico. L'avanzata tecnologica si è tradotta essenzialmente in aumento della produttività in modo tale da rompere la stabilità del rapporto tra produzione, consumo, occupazione. E ove qualcuno pensasse di poter rilanciare comunque politiche di espansione la questione ambientale semina picchetti e limiti drammaticamente urgenti: una vera rotta di collisione tra salvaguardia della salute, degli equilibri ambientali oggi gravemente compromessi e prospettive di rilancio di un'economia della crescita quantitativa. Dobbiamo dunque attrezzarci per una grande riallocazione di risorse finanziarie e di occupazione, da attività produttive volte al soddisfacimento di 29 consumi individuali ormai insostenibili, ad attività produttive volte al miglioramento della qualità della vita collettiva: invece di vendere automobili e costruire autostrade dovremo vendere mobilità; invece di cose, oggetti, dovremo realizzare occasioni di fruizione di ambiente, cultura., garantire salute e istruzione e in questo modo ricostruire economia e occupazione. Dunque un cambiamento impegnativo, costoso, che tuttavia può trasformare le difficoltà presenti in opportunità positive: dalla società del possedere, del consumare, disattenta ai rapporti umani, povera di interiorità, possiamo creare le condizioni per una vita, certo più sobria nei consumi, più garantita nei bisogni essenziali e «costretta» a bloccare lo scempio dell'ambiente, a rendere più vivibili le nostre città. Se è permesso lo schematismo, questa prospettiva può così riassumersi: se le risorse delle famiglie si ripartiscono tra bisogni primari e consumi,
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==