Il Bianco & il Rosso - anno V - n. 49 - feb.-mar. 1994

O!L BIANCO a-l, IL ROSSO , ,n;.•-am ;J Dacristiantirai progressisti némoderatniéantisolidaristi A ppartengo a quella minoranza di cattolici che, già sul finire dei lontani e bui anni '50, svilupparono un'argomentata - ancorché in Italia non facile - battaglia contro l'integrismo, per la laicità della politica e per il pluralismo della presenza dei credenti in politica. Fui tra i primi - all'indomani del Concilio - a praticare la via dell'unità della fede nella legittima pluralità delle opzioni politiche, abbandonando nel 1967 il «partito cattolico» e intraprendendo, all'insegna della «scelta di campo» o «di classe» - come allora si diceva-, un quasi trentennale cammino di presenza nella alterne vicende della sinistra italiana. Dalla partecipazione ai gruppi dei «cattolici del dissenso» e alle formazioni della «nuova sinistra», alla battaglia dei «cattolici per il no» nel referendum sul divorzio, al non mai abbandonato impegno contro il vecchio e il nuovo Concordato, fino alla più recente esperienza parlamentare - a fianco del Pci - nella Sinistra indipendente e alla convinta adesione al percorso della costituente del Pds. Ed o'ra, negli ultimissimi mesi, mi sono ritrovato fra i promotori del movimento dei «Cristiano-Sociali», con il prioritario e dichiarato obiettivo di dare vita ad una presenza visibile e organizzata di credenti nel polo progressista. Eppure resto convinto, oggi come trent'anni fa, non solo che la pretesa «unità politica dei cattolici», oltre che teologicamente infondabile, rappresenti storicamente una delle cause del di Luciano Guerzoni disastro italiano e della scristianizzazione del paese, ma altresì che sia insensato sovrapporre - in qualunque forma - appartenenza religiosa e appartenenza politica; che quest'ultima debba sempre essere frutto del discernimento, autonomo e responsabile, della coscienza individuale del credente; che sia comunque indebito e dannoso l'uso dell'appellativo «cristiano» o «cattolico» in politica; che, infine, la fede fondi e alimenti virtù e non valori; e che - quanto a questi ultimi - debba valere per tutti, nella prospettiva della comunità politica, la ricerca, il confronto e l'accordo su valori umani comuni: i soli che possono fondare un'etica civile o pubblica e, con essa, la società e lo Stato. Ma allora, perché i «Cristiano-Sociali»? Perché un Forum dei «cattolici progressisti»? Non c'è il rischio di riproporre logiche errate e consunte nel momento in cui sembra intravvedersi, anche per i cattolici italiani, il passaggio a scelte politiche non ideologiche o pseudo-religiose, ma fondate sui caratteri politico-programmatici delle forze in campo e, finalmente sui requisiti di onestà, capacità e competenza dei candidati? Domande ineludibili, che ovviamente non ho mancato anch'io di pormi e alle quali - lo confesso - non è agevole dare risposte univoche, razionalmente. convincenti, pesandovi il condizionamento della personale percezione dell'ora che stiamo vivendo e di un'altrettanto personale sensibilità segnata dal cumulo delle esperienze vissute. Ne consegue, mi sembra, che quanto alle forme della presenza dei 25 cattolici in politica nella nuova fase della vita nazionale, segnata dal crollo del cinquantennale blocco di potere ideologico-religioso-economico a egemonia democristiana e dalla frantumazione del «partito cattolico», nessuno può presumere di possedere facili verità o soluzioni esclusive. Ancora una volta, ogni valutazione e ogni scelta non può che essere rimessa al personale discernimento dei credenti, quale criterio unico ed ultimo di legittimazione. Già in questo dato credo stia un motivo non marginale di utilità del forum, come luogo per un confronto pubblico e aperto fra i laici cattolici, in cui ciascuno possa mettere in campo le ragioni della propria scelta. Ma c'è, ovviamente, anche qualcosa di più. Il paese è ad una svolta decisiva. Faticosamente ci stiamo incamminando, per la prima volta nella storia unitaria, verso la democrazia dell'alternanza. Il sistema elettorale maggioritario uni.nominale spazzerà via, in un tempo piuttosto breve, ogni residuo tentativo - compreso quello di Martinazzoli e della gerarchia ecclesiastica - di tenere al centro una parvenza di presenza cattolica unitaria. Quest'ultima sarà invece visibile e corposa nel polo conservatore, che evolverà rapidamente nel clerico-moderatismo, con conseguenze immaginabili e già sperimentate per l'Italia, per la comunità ecclesiale e per il ruolo dei credenti nella nostra società. È dunque indispensabile opporvi, quanto meno nell'odierna fase di transizione, una presenza visibile e organizzata di cattolici nello schieramento progressista, che peraltro non potrà essere vincente e

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==