.{) ,!.LBIANCO "-"' ILROSSO 1111 7-ièJ i a ;J ICattolicaillascelta: oneipolionellimbo? Q bipolare. elio che occorre spiegare in queste elezioni è che, nonostante le possibili apparenze, chi vuole un'efficace presenza politica dei cattolici italiani deve fare una chiara scelta Delle due l'una. Se il centro è l'altro nome della «destra democratica», come sembra volere Martinazzoli, allora potrebbe avere una sua legittimità: arrivando secondo davanti ad una destra ancora ambigua su molti punti programmatrici, ipotecherebbe il ruolo di «opposizione costituzionale». Ma in questo caso non potrebbe rivendicare un ruolo di convergenza per tutti i cattolici, ma solo per quelli del polo moderato: non c'è un undicesimo comandamento che obbliga ad essere tutti quanti membri di un polo moderato. Se il centro è «alternativo alla sinistra come ripete Buttiglione, è bene che ci vadano i cattolici moderati, mentre quelli progressisti non possono che stare a sinistra. A ciascun il proprio polo e i propri problemi. Se invece, come di fatto appare, il centro è un limbo che raccoglie tutti coloro che hanno il debolissimo minimo comune denominatore di non voler stare né a destra né a sinistra esso va denunciato come un equivoco, come un «non expedit» che sottrae energie preziose allo sviluppo dei poli alternativi, nuocendo quindi sia all'efficacia dellapresenza dei cattolici sia, soprattutto, alla qualità della democrazia. È vero che nel quarantennio passato di Stefano Ceccanti i cattolici democratici che hanno gestito da protagonisti le varie fasi del- !' «allargamento del centro» del sistema politico (passando dal centrismo al centro-destra alla solidarietà nazionale) ma le possibilità di «allargamento del centro» si sono esaurite con la solidarietà nazionale: esperienza certo incompiuta anche a causa dellq tragica vicenda Moro, ma che aveva segnato il punto di non ritorno di un «centro» che legittima la «sinistra»al Governo del Paese in cambio della sua evoluzione ideòlogica. Già nel 1973, cioè prima della «solidarietà nazionale» un grande maestro di cultura istituzionale del cattolicesimo democratico, quel Costantino Mortati che alla Costituente aveva addirittura prospettato la costituzionalizzazione della proporzionale ben conscio delle lacerazioni di allora, aveva così scritto nelle sue «Lezionisulle forme di governo»: «Laposizione di centro occupata dalla Dc, rivolta a mantenere una equidistanza dalle ali estreme dello schieramento politico... si pone in realtà come fattore ritardatore dell'evoluzione delle istituzioni verso le direttive tracciate dalla Costituzione e rende più difficile, anche in considerazione della genericità dei programmi sottoposti al giudizio del corpo elettorale, l'assunzione di precise responsabilità di fronte ad esso... L'immobilismo appare come la nota dominante che accompagna le varie formule di governo». Per questo Mortati si schierava da quel periodo per il passaggio al maggioritario e per l'elezione diretta del Premier. E per questo abbiamo fatto lo 17 stesso percorso ideale utilizzando le riforme elettorali come leva per la costruzione di quello che è non il Paradiso in terra, ma il modello più riuscito che è stato inventato per rendere i Governi responsabili di fronte ai cittadini, il «modelloWestminster». Per di più !'«immobilismo» denunciato da Mortati nel 1973 era diventato, non casualmente, anche il sistema di «Tangentopoli». Essonon è stato solo il frutto di una degenerazione morale dovuto ad un generale rilassamento di costumi avvenuto nella società in seguito al consumismo di massa ma è stato anche il frutto di una logica istituzionale. Si è proseguito sulla strada dell'«avanti al centro contro gli opposti estremisti», una logica che esclude qualsiasi possibilità di ricambio, che impone una maggioranza immutabile anche se perennemente litigiosa (i due fattori sono strettamente legati) anche quando non ve ne era più bisogno. Sarebbe allora il colmo se chi ebbe il coraggio già nel 1976 di sostenere l'ingresso nella maggioranza e addirittura nel Governo del!'allora Pci al 33%, viva e vegeta l'Urss con i suoi satelliti, riproponesse oggi una sorta di «preambolo»contro la sinistra del 1993. Siccome questo atteggiamento non è giustificabile politicamente lo leggo in altro modo, come la posizione difensiva di larga parte delle generazioni che hanno conosciuto una «società cristiana» all'ombra delle parrocchie degli anni '50 che si trasferiva immediatamente e generosamente in politica e che ripropongono sempre quel modello, come se l'identità in politica provenisse solo da fuori e non fosse le-
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