re incidere - con formazioni organiche di cattolici che partecipino ai raggruppamenti contrapposti - nei programmi delle due antitetiche alleanze affinché siano rispettati e in qualche modo recepiti quei fondamentali valori che i cattolici, ma non solo loro, ritengono essenziali per la costruzione di una comunità più umana e giusta. ·In una situazione di grande movimento, in cui le tradizionali ideologie totalizzanti sono state abbandonate, in cui si è tutti alla ricerca dei fondamentali bisogni delle persone da appagare e degli strumenti più adeguati per dare risposte soddisfacenti ad essi, in cui la presenza cattolica è ricercata nei diversi schieramenti non tanto per gretti motivi di aritmetica elettorale quanto perché la loro esperienza - nel mondo della cultura, delle professioni, dell'assistenza nei settori più a rischio della convivenza, dell'economia e del lavoro - può essere preziosa per innervare i programmi comuni di azione, sarebbe assai elusivo se il mondo cattolico, in vista di una unità formale, si aulocondannasse alla estraneazione o alla insignificanza. Del resto è paradossale - ma tristemente illuminante - che la componenete cattolica, che tanto ha fatto per recuperare alla democrazia compiuta forze politiche ancora marginali (pagando per questo altissimi prezzi) si sforzi, nel momento in cui ha in qualche modo raggiunto questo obiettivo, di respingere ancora una volta queste forze verso posizioni estreme, che finirebbero col diventare estremistiche, solo per assicurarsi uno spazio in un mitizzato «centro». Sembra che si preferisca una diaspora silenziosa da parte di singoli (in gran parte già avvenuta) che però finisce con il vanificare una ancora utile presenza organica di cattolici politicamente omogenei che possa arricchire i programmi e le azioni degli schieramenti contrapposti ovvero che si idealizzi una sorta di testimonianza, politicamente sterile, che per preservare una presunta identità rifiuta alleanze ed erige barriere e così rischia di porsi fuori della storia. Sembra che se non è possibile avere il potere, ed essere centro immobile intorno a cui devono {)~BIANCO '-'l..ILROSSO ltll~'SJ•H;J ruotare varie costellazioni, si preferisca rinunciare ad essere compartecipi del mutamento e soggetti attivi nello sforzo di costruzione di una nuova comunità. L'unità dei cattolici - anche se come singoli o come gruppo effettueranno opzioni politiche diverse - può realizzarsi con altre modalità. Sarebbe opportuno costruire momenti ed occasioni di confronto, di approfondimento, di analisi delle nuove situazioni di vita che l'accelerazione della storia porta con se, di comune ricerca delle esigenze e dei bisogni dell'uomo. Il che non significa né creare un trasversalismo all'interno delle varie forze politiche né rompere la lealtà verso le alleanze a cui si partecipa: significa solo porsi in dialogo - come del resto dovrebbe esser fatto anche Ira le diverse forze politiche - per rendere più chiari a se stessi il significato delle scelte e il senso del proprio impegno nella storia, per rielaborare con una consapevolezza arricchila e meno superficiale le varie proposte, per ritrovare quel che può unire anche se su altri temi si continuerà ad essere divisi. Ritrovarsi periodicamente - e dialogare serenamente - aiuterà a raffreddare un clima politico che sia divenendo sempre più rovente; a dimostrare che si può essere alternativi senza essere, solo perciò, nemici e che possono essere ricercati punti di incontro e di accordo malgrado le diverse opzioni. E ciò aiuterà i cristiani a superare la tentazione, sempre pericolosamente presente, di scambiare per infedeltà la divergenza di vedute; di ritenere un tradimento e non un arricchimento la varietà delle intuizioni e delle proposte; di privilegiare la forzosa omogeneizzazione piuttosto che la ricchezza delle proposte nell'unità dei valori di fondo. 3. Una terza riflessione deve essere fatta sul modo con cui oggi il cristiano - come ogni uomo di buona volontà - deve fare politica ripudiando vecchi modi di gestione della cosa pubblica e decisamente opponendosi a nuove proposte di tipologia della presenza 12 politica che appaiono, come le vecchie anche se in modo diverso, del tutto insoddisfacentiper non dire rovinose. Occorre innanzi tutto riaffermare la centralità della politica di fronte alla sua progressiva emarginazione - qualcuno ha detto estinzione - che abbiamo sperimentato in questi ultimi anni. Di fronte al progressivo sviluppo della società democratica, e al tumultuoso evolversi delle soggettività private e pubbliche, non si è realizzata una forte presenza del momento di sintesi, proprio della politica, perché i particolarismi siano ridotti e gli interessi più giusti appagati, ma un progressivo ritrarsi della politica. Al posto di una pubblicizzazione del privato, e cioè un inserimento sempre più vivo e costruttivo nella comunità organizzata in Stato del pluralismo sociale, si è venuta attuando una privatizzazione del pubblico sempre più profondamente irretito nelle maglie degli interessi di quei gruppi «forti»che potevano, aggregando consensi o elargendo prebende, condizionare le scelte decisionali. La politica si è così trasformata in «amministrazione», nel senso che è venuta progressivamente perdendosi la capacità della politica di dominare una realtà frammentata per realizzare una superiore composizione degli interessi, delle domande, delle rivendicazioni, delle attese che emergono nella società. Di fronte ad una società proliferante lo Stato è divenuto sempre più debole e impotente, il che ha portato di fatto ad una disintegrazione del contesto sociale e ad un nuovo neo-feudalesimo risorgente in cui corporazioni e lobby tendono a dettar legge e ad acquisire sempre nuovi e più rilevanti privilegi. In realtà il giusto ed utile dispiegarsi delle autonomie sociali, perché non sia o non diventi prevaricazione, esige un forte e unitario quadro di riferimento che garantisca che non predominio particolarismi; un autorevole centro capace di ascoltare anche le fievoli voci dei più deboli e cioè di coloro che non hanno corporazioni che sappiano farsi valere e che invece hanno più bisogno dell'intervento dello Stato perché, secondo il dettato costituzionale, siano
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==