D!LBIANCO ~ILROSSO iiikiiliii poli o addirittura di cercare in qualche modo di ricostruire un'egemonia perduta. Si tratta di stabilire quale possa essere il ruolo dei cristiani nella nuova realtà politica. E questo riguarda non solo la Dc, ma tutti coloro che hanno operato in politica sulla base di un'ispirazione cristiana. Per tutti l'interrogativo è questo! È venuto il momento della diaspora, ossia dell'inserimento dei cristiani nei vari partiti che si vanno riorganizzando o esiste ancora la necessità o comunque l'utilità di un movimento a ispirazione cristiana? Non si tratta, di stabilire la legittimità oggi, di un partito a ispirazione cristiana. Tale legittimità è ovviamente fuori discussione; ci sono stati (e ci sono?) partiti a ispirazione marxista, idealistica, positivistica, radicale e così via. Non si vede perché un gruppo di credenti e non credenti che diano una determinata lettura del cristianesimo nei suoi riflessi politici e sociali non possono organizzare un movimento politico. La aconfessionalità, lucidamente definita da Sturzo fin dal suo discorso di Caltagirone del 1905 non significa privatizzazione della fede! Il partito popolare fu fondato con. una chiara posizione sulla laicità della politica. Un partito o movimento a orientamento cristiano, è legittimo. Si tratta di vedere oggi-in Italia in che modo sia utile o addirittura necessario. Quello che è chiaro è che non lo è nella vecchia linea di una forzata, per necessità storico-politiche, unità dei cattolici. Quello che è chiaro è che anche l'utilità, nella quale noi crediamo, di un movimento a ispirazione cristiana, per così dire, nella tradizione cattolica democratica (e quella sturziana si ripropone in termini di attualità) non esclude la presenza dei cattolici o dei cristiani in altre formazioni politiche nei limiti nei quali essi, in coscienza, lo ritengano possibile. Ma a me pare che su due temi di larga importanza un movimento popolare ad ispirazione cristiana sia ancora oggi necessario nel nostro paese. Il primo tema è quello dello stato sociale, della politica sociale. La crisi di quello che viene chiamata la «soluzione comunista» non ha, a nostro modo, risolto il problema posto da quella che veniva a sua volta chiamata la «sfida comunista». Il sistema politico-economico rimasto egemone dopo la crisi del mondo comunista, quello che viene comunemente chiamato neoca9 pitalista contiene ancora e forse più di prima, in sè, delle profonde contraddizioni a causa delle quali l'umanità passa ancora attraverso una situazione di crisi drammatica e in molti paesi non si raggiungono neanche condizioni minime, sul piano fisico e morale, ché si possa parlare di rispetto non dico della persona ma della condizione umana. Ora la rivoluzione rappresentata sul piano etico dal Concilio Vaticano II, la polemica portata avanti sul piano sociale dalla Chiesa e dal laicato cristiano, fino alla Centesimus annus, l'azione del volontariato cristiano in difesa dei deboli dei diversi e diseredati, sul piano italiano e internazionale, hanno un'importanza che non può essere trascura.la e che ha delle valenze anche sul piano strettamente politico. Di fronte al prevalere di una cultura «radicale» basata sull'individualismo come non riconoscere a certe forze di ispirazione cristiana un grande ruolo nella lotta contro una società basata sul consumismo e sul- !' egemonia del profitto? Esiste poi il grande problema della bioetica che oggi si propone in modo direi quasi prepotente. Lo sviluppo della scienza ha permesso di affrontare i problemi del destino umano alla radice. Possiamo incidere su questo destino già prima della nascita degli esseri umani sul piano genetico. Possiamo decidere se e come far nascere un individuo. Si parla di fecondazione omologa ma anche eterologa, si prospetta addirittura l'ipotesi di esperimenti sugli embrioni. Si discute di eutanasia attiva o passiva. La scienza può spingere l'uomo addirittura a livelli di delirio di onnipotenza. Ora questi temi divengono per forza temi politici legati alla organizzazione e alla politica sociale. Su questi temi dovremo certamente misurarci. Ora è abbastanza chiara e risulta sostanzialmente con una evidenza non discutibile, la estrema difficoltà per dei cristiani di indentificarsi su questi temi, con gran parte delle altre forze politiche per le posizioni teoriche e pratiche da esse su questi temi assunte. Questi temi, anche se non solo essi, ma in modo assolutamente prevalente, giustificano ancora, a mio avviso, la presenza di un gruppo di cristiani che si organizzi nel modo autonomo come movimento politico. Certo aprendo un confronto dialettico senza schemi e pregiudizi; ma i limiti delle invocate «contaminazioni» su questi temi sono evidenti! La convivenza tra differenti posizioni teoriche ed eti-
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