D!L BIANCO Oil,, ILROSSO • 11•~'ffl • a ; 1 Disoccupazionestrutturale e nuovefrontieredellavoro - I 1 dato saliente dell'attuale quadro delle politiche del lavoro del nostro paese è rappresentato dall'evidente divario Ira il carattere strutturale ed inedito della disoccupazio- - ne e la politica del Governo. Da un lato ci troviamo di fronte ad una crisi dell'occupazione che rende il lavoro problema permanente della nostra società, non risolvibile con la sola ripresa del sistema produttivo e dall'altro ad una politica del lavoro che offre risposte riduttive e di scarsa efficacia. Per il governo Ciampi l'occupazione appare la risultante di una politica macroeconomica di lotta all'inflazione e di riduzione del debito pubblico: un esito derivalo della stabilizzazione economica e dalla ripresa dello sviluppo. Le politiche del lavoro messe in campo con gli ultimi provvedimenti legislativi riflettono questa concezione ed, alla fine, si riducono ad un allargamento dell'area coperta dagli ammortizzatori sociali e della flessibilità del lavoro. Per la verità ci troviamo di fronte ad una legislazione in gran parie figurativa perché dotata di una entità risibile di risorse e priva .dei decreti attuativi per cui pressoché inoperante. Tra l'altro per questo motivo gli stessi contratti di solidarietà, che rappresentano la novità più significativa in questo campo, sono ora bloccali perché privi di sostegno pubblico. Venendo al merito delle proposte contenute nella relazione introduttiva di Camiti considero la proposta sulla di Luigi Viviani riduzione di orario una proposta piuttosto radicale ma che ha il merito di porre il problema del rapporto orariooccupazione in modo chiaro ed efficace. Qualcuno ha intravisto in questa proposta una diversità rispetto alla proposta di riforma degli orari recentemente avanzata dalla Cisl. In realtà si tratta di due proposte integrabili perché quella della Cisl è finalizzala soprattutto ad una modifica legislativa che crei una cornice normativa favorevole alla riduzione d'orario mentre quella di Camiti punta direttamente alla riduzione tramite un intervento contrattuale. Circa la proposta della Leva del lavoro a me pare che essa colga meglio del recente Decreto Legge governativo l'esigenza di consentire un incontro con il lavoro ad alcune decine di migliaia di giovani nel Mezzogiorno che oggi sono costretti ad affrontare il futuro senza intravvedere una concreta possibilità di occupazione. Per rendere praticabile ed efficace tale ipotesi di lavoro, a mio avviso, è necessario individuare con chiarezza i soggetti gestori dei progetti di lavori socialmente utili (che non possono essere gli Enti Locali) e prevedere, anche con forme eccezionali di prelievo, un adeguato finanziamento. Ciò che in ogni caso bisogna evitare è che le negative esperienze del passato atrofizzino la volontà di iniziativa e di sperimentazione di nuove strade che si rendono sempre più necessarie. Inoltre sul problema della flessibilità del lavoro, che è diventala la parola d'ordine, un po' superficiale, della 55 Confindustria, più che lanciare proclami ideologici occorre verificare le concrete condizioni di effettiva flessibilizzazione del mercato del lavoro. Da questo punto di vista più che ulteriori innovazioni legislative c'è bisogno di superare i vincoli concreti che irrigidiscono il lavoro e che attengono alla possibilità di incontro qualitativo tra domanda e offerta di lavoro. In particolare il vincolo più corposo appare quello del deficit formativo attualmente presente nel mondo del lavoro per cui più di un lavoratore su quattro possiede solo la licenza di quinta elementare e due su tre non superano quella di terza media. La riforma del sistema formativo e una più incisiva lotta alla dispersione scolastica appaiono le priorità più urgenti di una nuova politica della formazione di cui il paese ha bisogno. Soprattutto è necessario adeguare il sistema di formazione professionale alle nuove esigenze di competenza e di professionalità espresse dal sistema produttivo e dalle aspettative dei lavoratori. La formazione continua, la formazione in alternanza con il lavoro e la formazione posi-diploma appaiono i tre segmenti strategici nei quali il nostro paese presenta particolari ritardi. In conclusione sono questi dell'orario, dell'occupazione giovanile e della formazione le frontiere sulle quali sviluppare, una nuova politica del lavoro che rifiuti la fatalità di un crescente tasso di disoccupazione e che riporli al centro dell'attenzione del paese il lavoro come essenziale diritto di cittadinanza sociale.
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