Il Bianco & il Rosso - anno V - n. 48 - gennaio 1994

{)!L BIANCO ."-", ILROSSO 1 •11 ~i§t•a ; 1 Strategiadeitempi edeglioraridi lavoro p arte fondamentale della contrattazione ai vari livelli, è stata negli ultimi anni, la questione dell'orario di lavoro, una sua maggiore flessibilità (avanzata dagli imprenditori, contratto e riduzione (richiesti dai lavoratori). Vi è, da parte delle imprese, la ricerca di una maggiore competitività in un mercato sempre più imprevedibile ed instabile, da raggiungere dominando le oscillazioni della domanda e controllando le modificazioni quantitative e qualitative del prodotto. Siamo quindi di fronte, da una parte ad una struttura produttiva che chiede una maggiore flessibilità nell'utilizzo della forza lavoro e degli orari, dall'altra, di fronte ad una domanda che chiede lavoro, ma anche di fare formazione e di gestire una quota crescente di tempo libero. Si, perché nella mentalità comune, ormai, c'è una grande propensione a volere cambiare collaudati «schemi mentali» che raffiguravano come preferibile in assoluto un rapporto di lavoro ordinario, inteso come regime di orario normale, per turni normali, per salari ordinari. Viene fortemente sentita la necessità di conciliare la richiesta di flessibilità con l'esigenza dell'incremento dell'occupazione e del miglioramento delle condizioni di lavoro e di vita dei lavoratori; tra questi ultimi, si è diffusa una cultura di lavoro, una disponibilità non solo ad accettare, ma addirittura a richiedere regimi differenziati di lavoro e, quindi, anche di orari (possibildi Silvano Veronese mente inferiori a tutti quelli in atto) e turnazioni. È evidente - perciò - la necessità per il Sindacato, ma non solo per il Sindacato, di affrontare, nella loro globalità, tutte le questioni inerenti la durata e la gestione degli orari, nelle aziende e nella società, operando sia in sede contrattuale come in sede legislativa, visto che la legge in vigore, nata per garantire un contenimento della durata del lavoro, si è trasformata oggi nell'opposto, infatti la normativa non favorisce una riduzione di orari contrattuali, ma in un certo senso, provoca, attraverso straordinario e doppio lavoro, una crescita degli orari di fatto. E provoca, altresì, un dualismo sempre più evidente tra coloro che, lavorando a lutti i loro spazi di vita, producono e guadagnano sempre piu, ecoloro che, invece, non riescono ad avere una occupazione ed ·un reddito stabile. Orari contrattuali ed orari di fatto seguono, insomma, due itinerari a forbice, sempre più divaricati. La legge vigente favorisce, in poche parole, anche se in modo non esplicito, l'anomala distribuzione del lavoro che c'è nel nostro Paese. L'esigenza di una nuova legge sul tempo di lavoro promossa da più parli deve affrontare i temi della flessibilità con il preciso obiettivo di coniugare le esigenze di pieno utilizzo della capacità produttiva degli impianti con le esigenze sociali, professionali ed economiche dei lavoratori. La riduzione dell'orario di lavoro appare l'aspetto più «eclatante» e qua53 lificante, ma non potrà essere l'unico della nuova legge che - nel rispetto delle direttive Cee - dovrà contenere indirizzi di carattere generale sulle tematiche interessate, rinviando poi alle singole contrattazioni di categoria la negoziazione degli aspetti specifici, comprese le quantità e l'articolazione dei nuovi regimi di orario, le modalità di funzione dei riposi e di attuazione delle riduzioni. Questo perché si vuole una legge non restrittiva, agile e flessibile, nel cui ambito ci si possa muovere senza: l'obbligo di seguire «sistemi» in essa predeterminati. Sono ormai noie a tutti le problematiche che la legge dovrà affrontare. Ed il Sindacato, per permettere di coniugare le esigenze oggettive della produzione con quelle soggettive dei lavoratori - dopo aver individualo i correttivi necessari ad una migliore funzionalità del sistema impresa - presenta proposte tendenti a razionalizzare il rapporto prestazione-lavoro, ed a riportare la legislazione alle proprie finalità originarie. La nostra proposta è semplice. Fissare a 40 ore - se non addirittura a 39 ore - l'orario normale settimanale di lavoro, visto che i vari contratti già presuppongono una durata non superiore alle 39 ore. La legge dovrebbe occuparsi, poi, del problema della flessibilità dell'orario che, ricordiamo, può essere una flessibilità legata alla straordinario o ad un regime diversificalo degli orari. L'abbassamento, per legge, a 40 ore settimanali non è un problema puramente formale perché presuppone dei

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==