che il nostro Paese può e deve ancora crescere, deve sfruttare le sue potenzialità e le sue risorse, tra cui il lavoro. 3. Significati e rimedi della disoccupazione Per ragionare dei rimedi alla disoccupazione, vale la pena di fare un po' di chiarezza dentro la realtà composita della disoccupazione, una realtà causata da fattori diversi, che assume significati diversi e, in ultima analisi, implica risposte diverse. L'esaurirsi del modello keynesiano, delle sue potenzialità, non ha lasciato il posto ad un diverso modello di governo dell'economia in grado di incidere sulla problematica occupazionale. Al contrario, abbiamo ereditato dottrine volte semplicemente a dimostrare l'impossibilità di tale azione, dottrine di stampo liberista, di un liberismo talvolta dogmatico e ideologico. Vorrei richiamare velocemente tre diversi significati della disoccupazione, secondo una distinzione usata dagli economisti che può essere utile riprendere. Il primo tipo di disoccupazione è quello cosiddetto congiunturale, cioè dovuto all'andamento negativo del ciclo economico. È questo il tipo di disoccupazione che si sia abbattendo oggi sull'Europa, privando del lavoro non solo le persone che ne sono in cerca e faticano a trovarlo, ma perfino chi un lavoro l'aveva, anche da molli anni, e oggi si ritrova fuori. Si tratta certamente di una crisi temporanea, tuttavia questo dato non ci consola perché l'esperienza degli ultimi venti anni ci insegna che la recessione distrugge posti di lavoro che la ripresa successiva solo in parie riesce a ricreare. Le politiche tradizionali, macroeconomiche di tipo keynesiano (di espansione della domanda di beni per far crescere anche la produzione e l'occupazione) incontrano oggi dei vincoli stringenti che le rendono meno efficaci che in passalo. Questi vincoli rendono le politiche macroeconomiche insufficienti a risollevare l'occupazione. Tuttavia esse restano necessarie per far uscire l'economia dalla recessione. '\'•. .. {)!LBIANCO ~ILROSSO 111 •t-1•#J M;I . .,\. ·. "< ,, \ "1,I \ \~: --~ } li\' :,~\11 I I \ \ i l\ )I Il secondo tipo di disoccupazione è quello strutturale. Questo è lo zoccolo duro della disoccupazione, che tende ad essere permanente nel tempo e a colpire gruppi di popolazione specifici, giovani, donne, soprattutto meridionali. Questa è la disoccupazione che tende a diventare esclusione permanente dal lavoro. È una disoccupazione a cui le famiglie si adattano perché devono convivere con essa e perciò tende ad essere meno visibile. Tuttavia essa dà luogo a costi individuali e sociali talvolta molto alti. Innanzitutto rappresenta uno spreco di risorse umane. Ma, ancor più, essa diventa sintomo e causa di sottosviluppo, o di uno sviluppo distorto, quale quello che investe alcune regioni del nostro Paese. Anche grazie alla disoccupazione, in quelle regioni, hanno avuto buon gioco le gravi distorsioni del sistema politico e il ricatto della criminalità organizzala. La disoccupazione strutturale può avere diverse cause. Essa può dipendere dalla mancanza di domanda di 43 lavoro, come in alcune regioni italiane, ma anche dal progresso tecnologico. Oppure dall'aumento del numero di persone che sono desiderose di lavorare: l'aumento delle donne che cercano lavoro ha rappresentato un fenomeno di grande portata in tutti i paesi occidentali. Esso è, in qualche modo, una conseguenza dello sviluppo economico e sociale, che ha indotto mutamenti nei comportamenti e nelle preferenze delle famiglie. Diversi sono i possibili_ rimedi, da sperimentare ex novo o da potenziare. Tutti richiedono una buona capacità amministrativa e di implementazione da parie delle agenzie pubbliche preposte al loro funzionamento. Volendo lare un elenco si possono citare gli incentivi alle imprese per l'assunzione di disoccupati, i piani per l'impiego di disoccupati in lavori di publica utilità, gli incentivi e il sostengo alla mobilità professionale e all'autoimpiego, fino a forme più complesse di sostengo alla creazione di nuove imprese e nuovi imprenditori, soprattutto giovani. Ma la sfida che sembra più importante per il nostro Paese, su cui vorrei richiamare l'attenzione, è quella della formazione professionale. In un sistema economico dinamico, soggetto a mutamenti tecnologici ed organizzativi continui, le professioni si ridefiniscono velocemente, le opportunità di trovare lavoro dipendono dai livelli e dalla qualità della formazione del singolo lavoratore. Un sistema formativo rigido e basato quasi esclusivamente sulla scuola e limitato, quindi, all'età scolare, non è più sufficiente. La domanda di formazione si estende a tutte le età, a tulle le figure professionali, a tutti i settori dell'economia. E la formazione, può essere anche uno strumento per la redistribuzione delle opportunità di trovare lavoro a vantaggio di gruppi in difficoltà, per riqualificare chi si trova in posizione marginale sul mercato. Il Paese deve dotarsi di strategie formative, che migliorino i livelli complessivi della sua manodopera e redistribuiscano le opportunità di lavoro. Non c'è neanche bisogno di dire che questo presuppone il superamento radicale di qualsiasi forma di clienteli-
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