Il Bianco & il Rosso - anno V - n. 48 - gennaio 1994

cordo potrebbe essere ottenuto con: una contrazione dei salari del 5 per cento su base annuale (secondo il modello Volkswagen) che deve essere resa possibile da misure di accompagnamento di sostegno a favore delle famiglie monoreddito e con un alleggerimento di un 10 per cento degli oneri sociali a vantaggio della busta paga. In tal modo le imprese non vedrebbero compromessa la loro competitività. Anzi, potrebbero conseguire un leggero vantaggio dal lato dei costi, perché con una organizzazione del lavoro articolata su quattro giorni, anziché cinque, realizzerebbero una diminuzione di alcuni costi generali (luce, pulizie, riscaldamento, ecc.) Lo Stato potrebbe compensare la diminuzione delle entrate derivanti dagli oneri sociali, sia con una diminuzione dei costi della disoccupazione, sia con maggiori entrate fiscali determinate da un maggior numero di occupati. Senza considerare gli effetti relativi sull'intera economia e quindi sul livello complessivo delle entrate pubbliche, che una simile misura dovrebbe comportare. Si può infatti stimare che, con gli attuali 3 milioni di disoccupati le perdite per l'economia (in termini di Pii e di costo della disoccupazione) siano dell'ordine di 120/ 130mila miliardi. La proposta che qui viene prospettata, anticipata in una recente intervista, ha suscitato delle reazioni. Largamente contraria quella della maggioranza degli imprenditori. I quali ritengono, in buona sostanza, che la disoccupazione debba essere considerata un problema dei disoccupati ed, in subordine, di assistenza pubblica. Non a caso si dicono contrari alla riduzione settimanale del lavoro ed alla sua ripartizione, ma nello stesso tempo invocano i prepensionamenti. Cioè l'accorciamento della durata del lavoro nell'arco della vita. Che di tutte le possibili riduzioni della durata del lavoro è la più scriteriata e la più dissipatrice di risorse umane ed economiche. Anche dal versante sindacale sono però stati formulati dubbi, critiche e .{)!LBIANCO ~ILROSSO 1111)-1§1•8; perplessità. Intanto sulla «misura». C'è infatti nel sindacato chi ritiene più realistico un obiettivo di 35 ore settimanali. La nostra obiezione è che, per quanto possa apparire paradossale, una riduzione più contenuta è più costosa. Perché comporta per le imprese costi organizzativi aggiuntivi difficilmente riassorbibili. Senza contare che molti sindacalisti le 35 ore le chiedono a parità di salario. Una riduzione siffatta comporterebbe un serio peggioramento della competitività delle imprese con ulteriori effetti deprimenti sui livelli di occupazione. Ma anche nel caso che le 35 ore non siano richieste a parità di salario la misura appare incongrua in rapporto ai problemi che si vorrebbero risolvere. Chi oltre la febbre vuol curare anche la malattia si deve regolare come è prescritto con gli antibiotici. Gli antibiotici vanno infatti presi nelle dosi necessarie. Perché dosi minori sono inefficaci, quando non addirittura dannose. Sono state inoltre formulate critiche 40 sulle modalità. Cioè sulla proposta di una soluzione generalizzata da perseguire attraverso un accordo nazionale di tipo triangolare. Alcuni hanno detto che è preferibile la soluzione caso per caso. Insomma una riduzione degli orari «a la carte». Questa modalità apparentemente più realistica, perché orientata a cercare la linea di minor resistenza, appare però anche la più elusiva. Infatti, la politica del caso per caso può al massimo contribuire ad evitare che alcune situazioni di crisi (si pensi alla Fiato all'Olivetti per citare due casi) aumentino ulteriormente l'esercito dei disoccupati, ma non consente di ridurre di una sola unità il numero dei disoccupati esistenti. La conclusione su questo punto è che se si vuol davvero, non solo arginare, ma anche ridurre significativamente lo stock di disoccupazione esistente. Una congrua e generalizzata riduzione degli orari resta una indicazione ineludibile, realistica e concreta. 3 - Leva del lavoro. Proponiamo l'istituzione di un «leva del lavoro» che riguardi tutti i giovani, maschi e femmine. Per i ragazzi, ovviamente, è alternativa al servizio militare. Si tratta di un programma che dovrebbe coinvolgere, ogni anno, circa mezzo milione di giovani, impegnandoli per un periodo di 12 mesi, con un compenso mensile di 7/800 mila lire. Un progetto simile che comporta un investimento pubblico straordinario di circa 5000 miliardi all'anno andrebbe varato sperimentalmente per due o tre anni in modo da apportarvi, per il futuro, i correttivi che l'esperienza potrà suggerire. La Leva del Lavoro si deve realizzare sulla base di precisi progetti nei settori: ambientali, della sanità, dei beni culturali, della protezione civile, della forestazione, della ricerca pubblica, dei servizi di cura alle persone, dei servizi sociali e simili. Il progetto non ha e non deve avere nulla in comune con iniziative prevalentemente assistenziali sperimentate in passato. Il che significa che i progetti vanno valutali ex ante sulla base della garanzia che si otterrà un valore aggiunto. Che si tradurranno quindi in un incremento reale del capitale fis-

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