Il Bianco & il Rosso - anno V - n. 48 - gennaio 1994

{)!LBIANCO ~ILROSSO Mikiil•t+i cato sempre più chiaramente dal magistero postconciliare, di una riforma, eticamente esigente, del capitalismo, attraverso la solidarietà sociale e la democrazia politica. Era questa peraltro la convinzione espressa già dal Maritain della fase americana (anni '40 e '50), aperta da Cristianesimo e democrazia e proseguita con L'uomo e lo Stato e Riflessioni sull'America: è la democrazia nella sua pienezza la risposta alla ricerca di incontro tra cristianesimo e politica. Solo nella democrazia compiuta quella distinzione tra spirituale e temporale può avere senso, perché solo nella democrazia compiuta può aversi piena laicità della politica, effettiva possibilità di pluralismo delle scelte politiche dei cattolici e insieme accettazione diffusa di un fondamento etico-religioso della democrazia. La democrazia come speranza La democrazia, questa democrazia, sperimentata da Maritain, sulle orme di Tocqueville, in America, è la «speranza temporale dell'umanità»: è l'unica possibilità di costruire non il regno di Dio sulla terra, secondo le nostalgie integralistiche dei cultori del mito della cristianità, ma la convivenza pacifica e tendenzialmente equa tra uomini e popoli liberi. Secondo la celebre espressione di Etienne Borne, in America Maritain si trasforma «da filosofo della democrazia cristiana in filosofo cristiano della democrazia». Se negli anni '30 la democrazia andava bene purché fosse cristiana, dopo la guerra la democrazia diviene per Maritain l'incarnazione del personalismo, ossia del cristianesimo in politica: e per essere cristiana la democrazia non ha altro da fare che essere autenticamente democrazia. Anche questa terza lezione maritainiana ha lasciato tracce profonde nella memoria dei cattolici democratici italiani. Del resto, la scelta atlantica di De Gasperi ha costituito un potente fattore di conciliazione tra la politica di ispirazione cristiana e i valori dell'Occidente. E tuttavia, la svolta americana di Maritain ha ancora da essere compiuta nella sua pienezza dal cattolicesimo democratico italiano. Proprio gli avvenimenti cruciali di questi mesi, con la delicata transizione in atto dalla prima alla seconda Repubblica, dalla democrazia consociativa a quella dell'alternanza, rivelano tutta la debolezza del radicamento del «terzo Maritain» nella cultura dei cattolici democratici italiani. La diffidenza nei riguardi del bipolarismo, la resistenza al centro, la resistenza a ipotesi di divisione consen35 sua le dell'unità politica dei cattolici secondo l'asse fisiologico delle democrazie occidentali, quello destra-sinistra, sono altrettanti sintomi di un pericoloso attardarsi dei cattolici democratici (o meglio di molti, troppi, di essi) negli schemi degli anni '30, gli anni dei totalitarismi, e della loro incapacità a farsi protagonisti, anche nel nostro paese, di una democrazia compiuta. Si dirà che molta è tuttora la distanza che separa la nostra seconda Repubblica (almeno per come essa sempra profilarsi secondo le previsioni più pessimistiche) da quel modello di società fortemente pervasa di valori di tolleranza, solidarietà e amicizia civile che Maritain-vide nell'America che aveva vinto il nazifascimo. Ma è facile rispondere che non sarà con un nuovo non expedit, sotto le spoglie di un'unità al centro che può funzionare solo al prezzo del fallimento della transizione alla democrazia compiuta, che i cattolici democratici riusciranno a imprimere il loro sigillo sulla Repubblica nuova. Il limite della politica Dinanzi a tanta inadeguatezza viene naturale sentire particolarmente vicino il quarto Maritain, quello amaramente ironico de Le Paysan de la Garonne, che tende a liquidare un po' tutti i tentativi di aggregazione cattolico democratica emersi nel dopoguerra, come un fallimento o addirittura un tradimento generalizzato. Ma del quarto Maritain va colto piuttosto il richiamo, anch'esso radicalmente cattolico democratico, al limite della politica, alla sua inadeguatezza a tradurre in pratica le intenzioni spesso ambiziose degli uomini in generale e dei cristiani in particolare. Non si deve dimenticare che in definitiva solo una parte della partita si gioca sul terreno della politica. Un'altra parte, forse quella più importante, si gioca nella società, nei suoi mondi vitali. Non è una contraddizione, tanto meno un pentimento: è piuttosto il richiamo alla verità che la democrazia per vivere ha bisogno di energie morali che non è in grado di produrre. Vedremo mai il giorno che Maritain non vide, il giorno in cui una Chiesa contemplativa, liberata dall'ossessione della presenza temporale, sia in grado di diffondere a piene mani nella società germi di amicizia civile e di moralità pubblica, di evidenziare in tal modo le radici religiose della democrazia e di favorire, in tale contesto, un'azione temporale dei cristiani all'insegna della laicità e del pluralismo? Chissà ...

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