Il Bianco & il Rosso - anno V - n. 48 - gennaio 1994

{)!LBIANCO ~ILROSSO f+iiiiilAN dissolvere un portato fondamentale del giudeo-cristianesimo, ossia il concetto del!' «essere storico» come spazio aperto e ambvalente della libera iniziativa dell'uomo, che certo si esercita sempre in condizioni determinate ed esiste in un nesso di libera corrispondenza con l'insondabile iniziativa divina. Ha acceleralo questa tendenza il fallimento delle versioni secolaristiche (idealistiche, materialistiche, positivistiche) di questa prospetùva religiosa, le quali hanno ridotto al solo livello intramondano la relazione teandrica della libertà, ipostatizzando l'uno o l'altro «Soggetto» storico e trasformando la dialettica della libertà in una dialettica di tipo necessitarislico. Ciò ha attirato le repliche delle scienze particolari in nome del pluralismo dei livelli epistemologici e della specificità dell'evento storico, e ha suscitato le ripulse delle filosofie esistenziali in nome della libertà del finito. Repliche e ripulse erano giustificate in ciò che rivendicavano ma non erano e non sono sufficienti a elevare una separazione di principio fra sapere filosoficoe evento storico, quale sembra essere divenuta .communis opinio nella cultura filosoficacontemporanea. Maritain tiene fermo che il problema assolutamente primo della filosofia della storia sia quello dei rapporti che intercorrono tra la libertà divina e la libertà umana nella formazione della storia e si adopera a enucleare il contenuto propriamente filosofico di tale prospettiva religiosa, senza praticarne una riduzione, ma mettendone in luce le valenze universalmente partecipabili, tali da poter attirare cioè l'interesse di ogni uomo, credente e non credente. Egli può perciò sostenere che la storia ha una orientazione che è determinala e ancora indeterminata insieme, determinata nella sua linea fondamentale e ancora indeterminata nelle realizzazioni puntuali ove ha luogo di esercitarsi la libera iniziativa dell'uomo. Questa può, come deve, corrispondere alla libertà divina ma può anche rifiutarvisi, introducendo quella devastratrice nientificazione che è il male. Su tutto domina la fedeltà di Dio alla sua propria prospettiva ultima escatologica, ma proprio perché questa ammette e anzi richiede la libertà umana nella sua strutturale ambivalenza si deve dire che la storia del mondo è insieme il cammino verso il Regno di Dio e verso il regno della riprovazione. Il mondo è salvato sì, ma soltanto in speranza, sicché sarebbe tradimento verso il Regno stesso - continua Maritain rivolgendosi ai cristiani - non volere da parie loro una rifrazione temporale delle esigenze evangeliche proporzionata alle condizioni della storia terrena, ma così effettiva quanto possibile - quantum po32 tes, tantum audes -. Maritain respinge Ire errori nella concezione dei rapporti fra Regno di Dio e storia: l'errore satanocratico che consiste nel ritenere il mondo semplicemente dominio del maligno, l'errore teocratico che consiste nell'impaziente pretesa di voler fare del mondo semplicemente il Regno di Dio, errore che ha una versione «mistica» nel cristianesimo orientale e una versione «politica» in quello occidentale, e infine l'errore separatista che eleva una barriera fra salvezza e storia. Il mondo è invece radicalmente ambivalente; la realizzazione temporale delle esigenze evangeliche è per il cristianesimo doverosa e insieme relativa, assolutamente richiesta e sempre soltanto limitata. Una nozione fondamentale per concepire questa rifrazione temporale del!~ esigenze evangeliche è quella dell'analogia. Maritain sostiene che questa nozione è di importanza primordiale nella filosofia della cultura. Le idee più elevate si realizzano nell'esistenza in maniera essenzialmente diversa, pur conservando intatta la loro forma fondamentale. La attuazione concretamente-concreta dei principi non deve obbedire né a criteri di univocità né a criteri di equivocità, ma a criteri di analogia. L'identità non contraddice la novità ma la richiede nella incarnazione. Le esigenze in se stesse immutabili del vangelo, e gli stessi principi basilari dell'etica, non hanno una sola modalità di realizzazione, ma in quanto tali ne consentono e ne postulano molteplici, rimanendo coerenti a se medesimi. Maritain poteva perciò parlare di quegli schemi di mediazione fra principi e azione che sono gli «ideali storico-concreti». Questi rappresentano delle immagini prospettiche dell'agibile in quanto realizzano un'interpretazione il piu adeguala possibile dei principi in un momento storico specifico. Sono connesse a una visione della storia come realtà «razionabile» grazie all'intervento della intelligenza. In Umanesimo integrale Marilain propone ed elabora, come è noto, l'ideale storico-concreto di una nuova cristianità. Il pensiero cristiano dei nostri giorni ha come smarrito questo metodo della riflessione pratica. Fra teologia, etica e scienze particolari difetta il momento della progettualità storica collegata a una idea fondamentale e a una interpretazione filosofica della storia contemporanea, manca cioè la formulazione «laica» di un nuovo ideale storico-concreto, formulazione che non si identifica come tale con le proposte del magistero sociale, come invece sembra ritenere una parte non indifferente del laicato cristiano, ma procede al di là di esse. Senza visioni generali d'altro lato una politica ad ispira-

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