D!LBIANCO ~ILROSSO •HPNKfnJt418 quisiti, tra cui spiccano uomini sulla cui vicinanza anche a certe istanze ecclesiastiche nessuno può dubitare. Difficile pensare che questa Dc abbia un futuro significativo. C'è la Dc raccolta attorno a Mino Martinazzoli, che oggi politicamente dispone di figure nuove come Rosi Bindi e Alberto Monticone, nel nome della eredità spirituale e politica di Benigno Zaccagnini e, almeno in parte, di Aldo Moro. Questa Dc vorrebbe dar vita ad un Partito Popolare, forza laica di ispirazione cristiana, di orientamento centrista con propensioni verso sinistra e con chiusura netta sulla destra, e quindi verso Lega, Msi ed eventuali armate berlusconiane. C'è la Dc che si arrocca sugli appelli moderati dei Mastella, dei Pierferdinando Casini e delle Fumagalli Carulli, che manifesta apertamente un orientamento di centro destra, con aperture verso Berlusconi, Lega ed Msi, e con l'obiettivo di evitare una vittoria futura dello schieramento di sinistra. Ci sarebbe anche Mario Segni. Idealmente pare vicino a questi ultimi, ma politicamente i suoi giochi sono del tutto aperti, al punto che qualcuno lo vuole, e altri magari lo teme, come vero leader del futuro Centro moderato, mentre sono tanti che vorrebbero consegnargli in blocco ciò che resterà della intera Dc, nella speranza che egli sia capace di tenere insieme i pezzi, realizzando ancora una volta il miracolo che in passato ha funzionato così bene. Secondo. I cattolici italiani, come tali, da tempo non sono più in un solo partito. La cosa è visibile e chiara almeno da venti anni, con un processo sempre crescente in numero, e anche in presa di coscienza. È stato vero sempre, anche quando filosofie e ideologie materialiste e atee erano in auge, e implicavano difficiliscelte di coscienza e ardue distinzioni filosofiche.Oggi è più che mai un fatto. Terzo. Le ragioni ideologiche e politiche della unità politico-partitica dei cattolici italiani, valide per qualche decennio a causa del pericolo reale del comunismo internazionale, non ci sono più. A rigore di termini esse idealmente e teoricamente hanno cominciato ad esaurirsi da circa quindici anni, dalla scelta laica, «non teista, non ateista, non antiteista», del Pci di Enrico Berlinguer nella famosa Lettera al vescovo di Ivrea, Luigi Bettazzi, che per la verità il Pci non ha mai preso sul serio al suo interno. Politicamente, invece, quelle ragioni hanno cominciato a svanire nel momento della scelta democratica e occiden3 tale dello stesso Berlinguer. Da allora, almeno da allora, i pericoli per la democrazia italiana non sono più venuti dalla sinistra storica. Lo aveva capito Aldo Moro, che forse anche per questo ha pagato il prezzo assoluto che tutti sappiamo. C'era,, tuttavia, l'Urss, e la sua potenza internazionale, con l'apparato ideologico e militare del comunismo mondiale. Oggi non c'è più. Oggi chi da noi parla di anticomunismo lo fa per coprire la volontà di tutelare alcuni interessi, anche legittimi, che però vanno dichiarati come tali e chiamati con il loro nome. Questo, sia chiaro, sottintende che non ha più ragioni di essere neppure il comunismo, perché i morti in politica non risorgono, e un sistema sbagliato, una volta finito, non per questo diventa giusto. Ciò vuol dire che non può aver senso, oggi, per i cattolici, una·scelta di alleanza piena con chi comunista non ha cessato di essere e di proclamarsi. Un cattolico cosciente non può non vedere che ciò che resta vivo, degli ideali una volta detti comunisti, è solo ciò che è proprio ed originale degli ideali cristiani più autentici e certo non smentiti dalla storia, né dai tradimenti di tanti cristiani. Quarto. L'identificazione di cattolici e democristiani, che all'inizio ha tutelato le libertà democratiche in pericolo, ha reso anche dei servizi agli interessi della Chiesa e delle sue istituzioni, ma ha appesantito gravemente la Chiesa come comunità concreta e storica. L'unità politico-partitica dei cattolici, spinta oltre certi limiti di tempo, e di decenza, ha ferito l'immagine della Chiesa stessa e la proponibilità reale della fede e del Vangelo nelle circostanze concrete della vita di tanta gente. Questo è un punto, forse, su cui i credenti italiani, la Chiesa come tale, non ha ancora pubblicamente riflettuto. La condivisione ecclesiasticocattolica del potere terreno politco, e della responsabilità per le ingiustizie che esso ha causato, ha alimentato anche il deserto del secolarismo, e il rifiuto di massa della pratica cristiana. Una riflessione di Chiesa, su questo punto, sarebbe un grande «segnodei tempi», davvero nuovi per tutti. 2. LaLetter.adel Papa. Alla luce di questi fatti che senso può avere la recente lettera del Papa ai vescovi italiani? Pare importante che nessun responsabile di Chiesa abbia dichiarato che essa equivale allo schierarsi del Papa nella lotta elettorale italiana. Del resto basta pensare alla sorte degli appelli episcopali, anche recenti, in prospettiva elettoralistica.
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