Il Bianco & il Rosso - anno V - n. 48 - gennaio 1994

D!LBIANCO al,, IL ROSSO Miiii•AM -----· ..... ---·----··- -·· ·-· grazie ad una chiara attribuzione del potere di imporre tasse e di esigere imposte nazionali e imposte locali, è una priorità per i progressisti. È metodo e sostanza della nuova politica. Soltanto se i cittadini sanno a chi vanno le loro tasse e per che cosa e possono esprimersi, magari anche con referendum locali, sulla loro destinazione e sul loro uso, è possibile ristabilire quell'essenziale circuito democratico che da tempo immemorabile si esprime nella nota, e per lo più violata, affermazione: no taxation without representation. Soltanto se lo Stato e le autonomie locali possono disporre di risorse che derivano da tasse estratte bene, in maniera trasparente e equa, potranno destinare risorse a quello che è il problema più importante dell'Italia (e dell'Europa): il lavoro. Questa è la terza priorità, ma solo in ordine espositivo. Per importanza è la prima. Infatti, senza lavoro non c'è praticamente nessuna cittadinanza. Di più, non c'è neppure dignità personale. Bisogna creare lavoro produttivo, bisogna redistribuire il lavoro esistente, ma bisogna soprattutto intervenire su tutta la struttura occupazionale del paese. È un problema anzitutto di creazione delle condizioni minime della cittadinanza, anche per gli immigrati regolari. È un problema che non può essere né affrontato né risolto esclusivamente con riferimento a variabili economiche. Ma qualsiasi soluzione deve tenere conto delle variabili economiche. Non si tratta soltanto di lavorare meno per lavorare tutti. Spesso, la soluzione può essere lavorare di più per lavorare tutti. Comunque, ciò che è richiesto ai progressisti è la creazione di strutture agili, di intervento frequente, in grado di garantire lavoro e flessibilità evitando lo sfruttamento. Sappiamo da tempo che una porzione consistente di co26 loro che cercano lavoro non vogliono un posto sicuro, ma un lavoro gratificante part time, per parte del giorno, per parte della settimana, per parte dell'anno, per parte della propria vita. Non irreggimentare il lavoro disponibile, distribuirlo meglio per crearne di più. Insomma, i progressisti debbono mandare il messaggio concreto di volere accettare e sapere sollecitare la flessibilità e l'innovazione. Di conseguenza, debbono costruire un sistema scolastico che incentivi flessibilità, favorisca la ricerca, produca l'innovazione. Tutte quelle belle proposte potranno non essere sufficienti. Lo schieramento progressista vincerà se riuscirà ad essere convincente con le facce, le biografie politiche e sociali dei suoi candidati, la loro rappresentatività collegio per collegio. Insomma, i buoni programmi, le ben scelte priorità, le efficaci soluzioni nascono nelle teste e viaggiano sulle gambe di quelle molte donne e di quei molti uomini che, collegio uninominale per collegio uninominale, presenteranno le loro idee, il loro passato, il loro impegno agli elettori. C'è un nesso inscindibile fra i candidati e i programmi. La credibilità farà la differenza. La persuazione degli elettori che i candidati progressisti sono competenti e genuini, garantiscono l'impegno a stare insieme per governare il Paese, sono disposti a mettere in secondo piano le loro ambizioni personali per partecipare coerentemente e, se occorre, disciplinatamente al grande processo di trasformazione che è necessario per fare dell'Italia un paese tutto moderno e con il minor numero di squilibri possibili, una democrazia non solo migliore, ma di alta qualità. Tutto questo è oggi possibile. Per questo non bisogna sprecare la grande occasione di progresso che la storia offre poche volte. .-

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