D!.LBIANCO ~ILROSSO iilkiiliii giarlo pesantemente: su un terreno solo apparentemente sofisticato, ma in realtà decisivo. Quello dei rapporti tra politica, economia e informazione. In una società «aperta», questi tre ambiti di potere devono restare rigorosamente distinti: il potere politico deve restare lontano da quello economico, il potere dell'informazione deve a sua volta risultare libero dai condizionamenti di quello politico o di quello economico. Berlusconi è invece stato, per tutti gli anni '80, il simbolo negativo dell'intreccio patologico tra i tre poteri, fino a raggiungere livelli di concentrazione sconosciuti a qualunque paese democratico occidentale. Il vero «sovietico», qui, è Berlusconi, non chi lo critica. In tal senso, l'egemonia di Berlusconi sul polo alternativo alla sinistra è almeno altrettanto pericolosa di quella di Bossi o di Fini: perché puzza tanto di regime, poco importa se telèmatico e post-moderno. Abbiamo accolto con soddisfazione l'appello dei «neo-centristi» non solo da democratici, ma anche da cattolici. L'affermarsi in Italia di una compiuta democrazia del!' alternanza è infatti anche il presupposto per una ridefinizione del rapporto tra coscienza cristiana e impegno politico: una ridefinizione che respinga sia la tentazione intimistica dell'irrilevanza della fede in ambito sociale e politico, sia il cortocircuito integrista (che appiattisce l'esperienza cristiana su un unico progetto politico, in quanto tale inevitabilmente parziale, opinabile e fallibile), in favore di un'accettazione attiva e non passiva di un pluralismo nelle opzioni politico-programmatiche, che può e deve conciliarsi con l'unità nella promozione di una coscienza civile fondata sul rispetto integrale dei valori dell'uomo. Anzi, questa indispensabile opera di alimentazione cristiana della coscienza civile collettiva sarà tanto più efficace, quanto meno la comunità cristiana si identificherà, in via di principio o anche in via di fatto, con uno dei due poli in competizione, e quanto più essa sarà invece capace di esprimere, nella libertà di scelte affidate alla coscienza di ciascuno, personalità moralmente, culturalmente e politicamente autorevoli, in entrambi gli schieramenti politici. Gli autori dell'appello «neo-centrista» si definiscono sulla base di un'opzione politica, alla quale concorrono personalità di varia provenienza culturale, tra le quali anche quella cristiana. Ugualmente deve accadere (e sta acca19 dendo) nel costituendo polo progressista, nel quale persone, gruppi e realtà organizzate si mettono assieme per costruire una sinistra di governo, valorizzando la ricchezza di un ampio pluralismo di apporti culturali, tra i quali anche quello di ispirazione cristiana. Se entrambi questi tentativi avranno successo, anche .in Italia, come in tutte le grandi democrazie, avremo una significativa presenza di cattolici sia nello schieramento moderato che in quello progressista, senza canonizzare né demonizzare a priori alcuna scelta, ma mettendole tutte continuamente in discussione. E anche in Italia i cristiani dovranno imparare a collaborare strettamente, tra loro e con tutti gli uomini di buona volontà, dando vita ad un'autentica «tensione uniti va», per la promozione dei valori sui quali si giocano i fondamenti della convivenza civile, se necessario anche riaffermando quel primato della coscienza che è irriducibile a qualunque disciplina di schieramento politico. La Chiesa dovrebbe guardare con più fiducia e speranza a questa primavera che può sbocciare per la democrazia italiana e per l'apporto che ad essa può dare la coscienza cristiana. Non dobbiamo dimenticare che in Europa sia il leader virtuale dei progressisti, il presidente della Commissione europea Jacques Delors, discepolo di Emmanuel Mounier, sia l'esponente più in vista del centro-destra, il'cancelliere tedesco Helmut Kohl, erede di Konrad Adenauer, traggono dalla comune matrice cristiana gran parte della linfa che ispira la loro azione politica su versanti politici in competizione tra loro. Anche in Italia, se si avrà il coraggio di lasciarsi definitivamente dietro le spalle il relitto ormai inservibile dell'unità politica dei cattolici, può prendere corpo questa realtà. Può cioè realizzarsi il sogno di Alcide De Gasperi, il quale, dopo aver voluto e realizzato l'unità politica dei cattolici per sottrarli da un lato alle tentazioni di destra e per opporsi dall'altro con forza al comunismo staliniano, esprimeva al suo amico Bonomelli la speranza «che non fosse lontano il giorno, che egli vagheggiava in cuor suo, in cui i cattolici potessero sul terreno politico separare pacificamente le loro forze, come era stato nel Belgio, fra cattolici conservatori e un movimento più ardito di azione sociale che egli chiamava laburismo cattolico».
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