Il Bianco & il Rosso - anno V - n. 48 - gennaio 1994

{),lLBIANCO ~ILROSSO iii•iiliii OggichirestaalCentro èsuicida. Cattolicaillepresecolpluralismo di Stefano Ceccanti e Giorgio Tonini hiunque abbia a cuore le sorti della demo- e crazia italiana deve essere grato a Indro Montanelli, Rocco Buttiglione, Lucio Colletti e agli altri intellettuali laici e cattolici, che hanno recentemente sollecitato, con \m manifesto-appello, la costruzione di un polo politico «neo-centrista», nazionale e democratico, attorno alla leadership di Mario Segni. Le adesioni che l'appello sta riscuotendo, lasciano sperare che anche sul centro-destra dello schieramento politico italiano possa prender corpo un progetto simmetrico a quello dell'Alleanza che si propone di unire i progressisti, laici e cattolici, che si riconoscono nello spazio politico che va dalla sinistra verso il centro. Non sembri paradossale che noi che con Gorrieri, Scoppola, Carniti e molti altri siamo impegnati per il successo di questo secondo progetto, ci rallegriamo oggi per la chiarezza che finalmente comincia ed emergere nello schieramento avversario al nostro. La democrazia italiana, per divenire una democrazia compiuta, ha infatti bisogno di due poli tanto alternativi sul piano delle proposte politico-programmatiche, quanto accomunati da una medesima fede democratica nei valori affermati nella prima parte della Costituzione. È quindi essenziale per il futuro democratico dell'Italia che il campo dei moderati, dei conservatori non reazionari riesca ad esprimere, dopo le devastazioni morali e politiche della stagione di Tangentopoli, un'alternativa al polo di sinistra-centro moralmente limpida e certamente fedele al patto costituzionale. Costruire la democrazia compiuta, la democrazia dell'alternanza, significa anche uscire dalle logiche di fazione. La crescita di un polo moderato capace di contenere gli estremismi sulla destra non può che facilitare il lavoro di chi, come noi, vuole costruire un polo progressi17 sta moderno, capace di lasciare alle spalle gli ideologismi settari e l'inconcludenza demagogica di tanta vecchia sinistra. Così come le prime, positive esperienze di aggregazioni progressiste per il governo delle città stanno forzando i moderati a realizzare forme nuove di presenza poli-. tica unitaria. La vivacità di un polo spinge anche l'altro a migliorare, lo obbliga a non cullarsi nella certezza di una rendita di posizione garantita: è la logica della concorrenza ciò che differenzia la democrazia maggioritaria dalla palude del proporzionalismo e che costituisce l'incentivo più efficace per la qualità della politica. Molti sono ancora gli ostacoli che si frappongono alle speranze dei vari Montanelli, Segni, Colletti e Buttiglione. In primo luogo, la pesante ipoteca calata sul voto moderato dalla Lega al Nord e dal Msi al Centro-Sud. Riuscirà la Lega a liberarsi dalle tentazioni separatiste del prof. Miglio e ad accettare il principio irrinunciabile dell'unità nazionale? È riuscirà il Msi, mutandosi in Alleanza Nazionale, ad esprimere un distacco non equivoco, non solo da qualunque nostalgia per il regime fascista, ma anche da qualsivoglia estremismo di destra, così pericolosamente riemergente in Europa? In secondo luogo, c'è. la persistente ambiguità martinazzoliana. La Dc-che-non-è-più-Dc-manon-è-ancora-Ppi tentenna, come l'asino di Buridano, incerta tra la destra e la sinistra. Non vuole andare a sinistra, perché teme l'egemonia del Pds (non rendendosi conto che è proprio così che gliela sta regalando). Ma non vuole andare neppure a destra, perché teme la contaminazione con Bossi e Fini. Non vuole neppure dividersi, come sarebbe auspicabile, tra quanti vogliono, insieme, andare a destra e quanti vogliono, insieme, andare a sinistra. Risultato: si attesta al centro. Che vuol dire scommettere la propria

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