Il Bianco & il Rosso - anno V - n. 48 - gennaio 1994

J.).!J, BIANCO ~ILROSSO J;iiiiiliti riaggregative; il che rende più difficile l'opera di attivare aggregazioni politiche nuove in modo «razionale». Il peso di questo passato è tanto maggiore in quanto la «nebulosa» prodotta dallo scoppio parziale della vecchia costellazione politica è per ora in fase ancora di espansione e non di riaggregazione e i tempi per la «naturale» ricentralizzazione sono ben più lunghi dei tre mesi che ci separano dalle elezioni. Non bisogna neppure essere così ingenui da pensare che basti confrontarsi sui programmi o sulle issues per poter contrastare queste tendenze forti. Il valore aggregativo delle. issues è precario anche in paesi con più solida tradizione bipartitica. Lo è tanto di più in un contesto come quello italiano, storicamente molto incline al trasformismo e all'opportunismo politico. E già si vedono segni poco incoraggianti nei primi cenni programmatici in circolazione, che sono largamente tributari a orientamenti di moda: basti vedere l'adesione tanto generale quanto ambigua a temi-valori come «mercato», privatizzazioni, flessibilità, produttività. La chiarezza delle issues i suoi «nomi», sia ben chiaro, è necessaria; ma temo che non sia sufficiente. Analogamente è utile sottolineare l'esigenza di rapporti più diretti con i cittadini senza vecchie intermediazioni; auspicare una rete di gruppi e di rapporti invece del soffocante burocratismo partitico. Ma dubito che la rete sia sufficientemente solida, se non ci sono masse critiche ancorate a obiettivi e «collanti»comuni che sorreggano la rete. L'urgenza maggiore in questo momento è proprio di ricostruire questi collanti e alcune masse critiche. Altrimenti l'aggregazione rischia di essere fatta dai mass media con esiti incerti e poco «responsabili». Anche per questo la proposta dei Cristiano-Sociali è potenzialmente importante. Sono convinto che in un momento come que14 sto l'obiettivo di modernizzare e risanare l'economia senza calpestare le esigenze dell'equilibrio sociale e senza dare espressione solo agli egoismi dei gruppi richieda più che mai una aggregazione di forze sui valori liberal-sociali (mi si permetta questo quasi ossimoro). Una aggregazione simile può essere capace di raggiungere tale obiettivo in modo più giusto ed efficiente di quanto non possa essere una aggregazione moderata conservatrice. Ma questo obiettivo incontra ostacoli molto forti. A destra è in atto una forte reazione, espressa anche dalla cosiddetta società civile, di difesa dello status quo, cioè delle posizioni acquisite in decenni passati. A sinistra sono ancora incerte le condizioni per una aggregazione utile e accettabile. Mi riferisco a quelle sottolineate anche nel dibattito di Riformismo e Solidarietà. La prima è che il Pds separi nettamente i suoi programmi e obiettivi da Rifondazione Comunista come indicazione di una cultura di governo acquisita o in via di acquisizione. La seconda condizione è il formarsi all'interno dell'area progressista di interlocutori rappresentativi adeguati, anche per cultura, a confrontarsi con il Pds. Questa seconda condizione è evidentemente legata alla prima: nel senso che il suo realizzarsi contribuirebbe ad accelerare il chiarimento interno al Pds. È urgente attivarsi in queste due direzioni. Se esse non maturano rapidamente, si aggraveranno le tendenze alla polarizzazione degli schieramenti e i rischi che la lotta politica torni a imbarbarirsi. E di queslo non potrà che giovarsi la destra. Non a caso si moltiplicano già gli appelli di molti settori degli ex partiti centristi, oltre che di Lega e Berlusconi, all'anticomunismo come elemento ancora aggregante del prossimo cartello elettorale. Su questo deve meditare anzitutto il Pds nelle scelte che gli stanno di fronte. Ma la posta in gioco è alta per tutti.

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