Il Bianco & il Rosso - anno IV - n. 46/47 - nov./dic. 1993

{)!LBIANCO ~ILROSSO • •11 ~-m• a ;J Finalmenteunasperanza. Oraservonoatticoncreti i è un'antica canto dal li- v tolo Achoth Qetanna con cui da secoli gli Ebrei vanno incontro al loro nuovo anno (quest'anno la metà di settembre). Il canto parla di una «piccola sorella» dispersa. La piccola sorella è la nazione ebraica schiacciala dal peso delle sofferenze e dall'esilio. Ma il testo contiene uno strato mistico che si è arricchito di significali nuovi nel corso dei secoli: la piccola sorella è l'immagine stessa della Shakhina, la «parte femminile» della Divinità, che per il Talmud accompagna chiunque viva nell'esilio e secondo la Qabbala ]uriana piange essa stessa un suo proprio esilio. Il canto si conclude con una invocazione: si chiuda l'anno vecchio con le sue tragedie, si apra quello nuovo con le sue benedizioni e la speranza. Saranno molte le benedizioni di cui avranno bisogno nel prossimo futuro israeliani e palestinesi per portare avanti il difficile cammino ora iniziato, grande la forza di cui avranno bisogno i leaders dei due campi per fronteggiare gli eventi e creare spazio alla «piccola sorella» di cui ancora si ode a Rama «una voce di lamento» e da secoli piange e non vuole essere consolata. Ma ha finalmente udito «una voce di speranza». Dovranno correre forti come leoni, leggeri come gazzelle, per impedire che nemici vecchi e nuovi, annidati su una via lastricata da ostacoli che potevano sembrare sino a poche settimane fa insormontabili, possano colpire per ricacciare indietro un cammino nato nel segno della consapevolezza dei limiti, la vera di David Meghnagi grande forza della politica, uno dei fondamenti dell'elica. Negli anni trenta la prospettiva di un accordo a cui si andò vicino grazie agli sforzi di Ruppin (uno dei leaders storici del movimento sionista) fu fatta precipitare dalla sollevazione nazionalista araba contro il mandato britannico (e l'immigrazione ebraica nel paese) con esili catastrofici. Per il movimento nazionale palestinese fu la catastrofe politica, la subordinazione totale alle classi dirigenti arabe che si sono scontrate per l'egemonia nella regione. Per gli Ebrei significò la tragedia del Libro Bianco del '39 con cui le autorità britanniche, timorose della saldatura in atto Ira il nazionalismo arabo e le potenze dell'Asse, bloccarono l'immigrazione ebraica nel paese e fissavano un tetto massimo di 75.000 unità per i successivi cinque anni. La decisione britannica fu presa nel momento in cui ogni porta nel mondo si chiudeva agli Ebrei e l'Europa slava per diventare un'enorme prigione che portava ad Auschwitz. Occorre correre contro il tempo, ma soprattutto farselo amico. Non ci sono infatti solo i tempi della politica. Vi sono tempi che riguardano i simboli e le immagini più arcaiche da cui trae alimento la forza stessa del richiamo collettivo. Vi sono alti concreti che hanno una valenza duratura nel tempo perché modificano la percezione stessa che si ha del vicino. Saranno molti gli atti concreti di cui avremo bisogno nelle prossime settimane e mesi. Nel Vicino Oriente manca l'acqua. Al contrario che per il petrolio, di acqua ve n'é poca nel Vicino Oriente. 83 Israeliani e palestinesi non posseggono né l'uno, né l'altra. Per l'acqua rischiano di scoppiare guerre tra Egitto e Sudan e domani potrebbe esplodere un conflitto con l'Etiopia che controlla le fonti del Nilo. Per la stessa ragione esistono tensioni Ira Siria, Iraq e Turchia. Per la povera e insieme preziosa acqua del mitico fiume Giordano e dei suoi piccoli affluenti, che non è cerio sufficiente a soddisfare i bisogni di Ire popoli, si scontrano oggi israeliani, giordani e palestinesi. Le polemiche sul futuro della Cisgiordania (le bibliche Giudea e Samaria), hanno anche questo come sfondo. L'acqua che si beve a Te! Aviv ha le sue falde nei territori dove vivono i palestinesi e questa non basta a entrambi i popoli. Ma l'acqua può essere portata da lontano se vi sono condizioni politiche che lo permettano. Gaza può già da oggi essere alimentata con l'acqua del Nilo, lo stesso potrebbe avvenire per il deserto del Neghev aumentando così la massa d'acqua globale a disposizione degli israeliani, dei giordani e dei palestinesi. Gli egiziani darebbero il loro prezioso apporlo all'accordo siglato tra israeliani e palestinesi, ottenendo in cambio il prezioso know how degli israeliani per lo sviluppo della loro agricoltura e per un ulteriore risparmio nell'utilizzo dell'acqua disponibile. Ma l'acqua può essere portata direttamente dalle montagne piovose della Turchia nell'ambito di un trattato regionale. Sono solo idee che appena qualche mese fa costituivano un sogno, oggi sono parte integrante delle trattative di pace. L'acqua dolce serve per vivere, ma

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