tico. Non più guerre totali non più diritti inalienabili che escludono i diritti altrui, ma "condivisione dello spazio vitale". Ora il confronto è autentico, sulle cose, sul territorio, sulle leggi, sui rapporti economici nazionali ed internazionali. Finalmente ... » Una domanda che la gente normale si è posta, ma cui non sa rispondere. Perché proprio adesso si è arrivati a questa speranza concreta di pace? «Io penso che la cosa possa spiegarsi con la coincidenza di due fattori ambedue in qualche modo negativi: una grande debolezza politica, e non solo politica, da parte palestinese, e una grande stanchezza psicologica da parte israeliana. Arafat era più debole che mai, dopo essersi malamente schierato con Saddam Hussein: stretto tra gli integralisti islamici che volevano inghiottirlo e i paesi arabi ricchi che lo vedevano come passato al nemico. Politicamente appariva senza futuro: scampato a 31 attentati, insidiato in casa sua dag.li irriducibili estremisti ha giocato la carta che appariva d'azzardo, e ha bussato alla porta del nemico. Questi, da parte sua, era militarmente forte, e politicamente protetto, ma stanco. Stanco di vivere in condizioni di guerra, stanco psicologicamente, e desideroso di una realtà di elementare sicurezza. Debolezza più stanchezza si sono messe insieme e la trattativa ha fatto, più presto di quanto ci si attendesse, un salto di qualità radicale, trasformandosi da "scena" finta in apertura reale. La logica satanica della guerra, dopo più di 60 anni, è stata stroncata di netto. È una vera rivoluzione, che cambia le cose». Ogni «rivoluzione» ha le sue vittime. Equesta? «Difficile escluderlo. Ci saranno momenti duri, e forse anche tentativi di affogare la pace nel sangue, ma io credo che la storia non torna indietro. Un D!LBIANCO '-'Z,. ILROSSO IIIl~i#J•W;J antico proverbio semitico dice che "le montagne non si vanno incontro, ma gli uomini sì". Arafat e Rabin si sono mossi l'uno verso l'altro. Sono loro i due padri della Pace-bambina. E la madre? A partorire la pace sono state tutte le immense sofferenze: quelle dei palestinesi arabi e quelle dei palestinesi ebrei. E il parto è venuto dopo tanto.sangue. Cè da sperare, davvero, che basti ... » Ma i nemici della Pace-bambina ci sono ancora. Non c'è il rischio che qualcuno, come accadde dopo quella nascita, a Betlemme duemila anni fa, cerchi di ucciderla? «Certo che il rischio c'è, ed è più grave per Arafat che per Rabin. Questi ha gli strumenti per stroncare le azioni contrarie alla pace, e cioè la maggioranza parlamentare, per quanto esigua, e la voglia di pace della gente. Per lui il pericolo più grave viene dai «coloni» cioè da coloro che abitano nei territori occupati, e tra essi da quelli che appartengono ai settori del "Gush Emunim", il "Blocco della fede", e pensano di obbedire ad un comando divino proprio perché riportano a Dio la terra promessa. Rabin dovrà evitare che questi siano utilizzati dalla destra sionista che non ha digerito la pace: può farcela. Arafat invece è in condizioni molto più difficili. Ha tanti nemici in casa, e fuori. Certo, il 13 settembre ha fatto una grande rentrée nel salotto buono dell'Occidente, che prima lo aveva emarginato. Ma ha contro tutto il mondo arabo del rifiuto, che unisce frustrazioni, invidie, fanatismi. La Siria di Assad, per esempio, non ha mai digerito il fatto che la causa palestinese non sia di sua esclusiva tutela. Assad una volta mi disse che la sua Siria era come il Piemonte dei Savoia per il Medio Oriente: toccava a lui unire il pàese e il popolo palestinese. E invece il "piccolo" Arafat ha vinto la scommessa. E poi ci sono gli altri. Presi uno ad uno, Frank Kaddumi, Abu Mussa, Abu Nidal, Jibril, non gli fanno paura. Li conosce bene, e conosce le loro im82 prese ... Ma messi insieme da uno come Assad, il "grande ragno" siriano, astuto, spietato, intelligente, fanno davvero paura. E occorre tener conto, che il dramma dei palestinesi, senza terra, senza casa, senza mezzi, è ancora tutto lì. .. Finora occorreva salvare il popolo. Oggi occorre salvare la salvezza ... Ma la Palestina è terra dei miracoli, e chi non crede nei miracoli, in Palestina, come diceva Ben Gurion, non è realista. I due ex nemici, Rabin e Arafat, vengono da lontano: ce la faranno». Perché questa speranza si concretizzi, ora, di cosa c'è bisogno? «Di tante cose, cerio. Occorre accelerare i tempi. Nell'inferno di Gaza, per esempio, servono urgenti interventi concreti e mirati, perché i miserabili che lo abitano sappiano che il passato fatto di sangue e miseria è finito davvero, e per sempre. Serve il pane, subito, per spuntare la lama dei coltelli pronti ad assassinare la Pace-bambina. Occorrono aiuti internazionali, subito. Tutti, a cominciare dalla pigra Europa, e dall'Italia pur in crisi, debbono capire che è interesse comune che la Pace cresca, e si consolidi. Anche se so che a qualcuno dà fastidio, voglio concludere questo mio auspicio con una citazione biblica. C'è un testo dell'Ecclesiaste (3, 1-8), che viene a puntino: "C'è un tempo per ogni cosa. Ogni cosa ha la sua ora, sotto il sole. C'é un tempo per odiare un tempo per amare. Un tempo per fa. re la guerra e uno per fare la pace ... ". Ebbene: proprio Rabin, a Washington, ha concluso il suo discorso di presentazione, quel giorno della firma, con questa citazione. È stato solo un inizio. La via che attraversa la caienna di Gaza e la dolcezza di Gerico è ancora lunga, vertiginosamente impervia, ma, come esorta il Vangelo, bisogna "cercare di entrare per la porta stretta" (Luca 23, 24) È la mia speranza di oggi».
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