Il Bianco & il Rosso - anno IV - n. 46/47 - nov./dic. 1993

' {).Il, BIANCO ~ILROSSO Eorachel'Europatorni nelMedioOriente opo poco più di due mesi dall'intesa firmata a Wa- D shington tra Israele e l'Olp, il Medio Oriente si prepara ad applicare le prime fasi concrete della nuova autonomia palestinese a Gaza e a Gerico. Tutti coloro che vogliono la pace sperano che questa prima fase abbia successo, affinché il processo di pace nella regione possa andare avanti. Si comprende oggi, una volta di più, quanto ingiusta sia staia la demonizzazione di cui è stato oggetto lo Stato d'Israele in questi ultimi dieci anni. Anzi, l'intesa raggiunta con i palestinesi dimostra per la seconda volta, dopo il precedente con l'Egitto, che quando Israele incontra finalmente un partner serio, disposto al dialogo e consapevole che la violenza non porla a nulla, è pronto a fare la sua parte per fare avanzare la causa della pace. Questa intesa avrebbe potuto essere firmata molto prima. Infatti, il progetto di autonomia accettato oggi dai palestinesi non è molto differente da quello che fu incluso nell'accordo di pace tra Israele e l'Egitto, l'accordo di Camp David, firmato nel 1979. Allora, purtroppo, i palestinesi respinsero l'iniziativa del compianto Presidente egiziano Sadat. Se avessero capito la saggezza del leader egiziano e avessero aderito alla sua iniziativa, avremmo tutti risparmialo degli anni preziosi, tante vile umane, tanto dolore, tanta sofferenza. Ma non sono solo i palestinesi ad aver sbagliato rifiutandosi di seguire il cammino della pace. L'Europa politica si astenne dall'apdi Avi Pazner poggiare il Presidente Sadat e il nostro Primo Ministro Begin e, invece di applaudire alla pace tra due paesi e due popoli che si erano fatti la guerra per trent'anni, guardò questi clamorosi eventi e la firma della pace con una certa freddezza altera. Anzi, nel 1980, solo un anno dopo, pubblicò la famosa «Dichiarazione di Venezia» la cui par79 zialità creò in Israele una assoluta diffidenza nei suoi confronti e la mise ai margini del processo di pace fino a tempi recenti. Questo atteggiamento dell'Europa causò conseguenze anche nel proprio processo di pace. Infatti, incoraggiati nel loro oltranzismo da questo appoggio direi automatico alle loro posizioni, i palestinesi hanno credulo di poter avanzare qualsiasi rivendicazione politica e di poter anche compiere impunemente qualsiasi atto terroristico. Erano infatti certi, e con qualche ragione, di essere capiti, sostenuti ed assolti in ogni caso dagli europei. Ritengo, credo con ragione, che questo atteggiamento unilaterale dell'Europa abbia ritardato di alcuni anni il processo di pace nel Medio Oriente. Se parlo oggi di questi anni di incomprensione nei confronti di Israele non è per riaprire vecchie ferite o per dare una lezione. Lo faccio perché oggi tocca proprio all'Europa il ruolo essenziale nel consolidamento del processo di pace in Medio Oriente. Avendo consolidato rapporti normali, anzi più stretti con Israele, specialmente dopo la Guerra del Golfo del 1991, il Vecchio Continente, con il quale Israele ha tantissimi valori in comune e dal cui suolo nacque il sionismo politico, può e deve essere un partner centrale in questa grandiosa scommessa sulla pace. Le chiavi del successo della prima intesa tra Israele e i palestinesi sono due: una è psicologica, l'altra economica. «Psicologico per 1'80%» così il Presidente Sadat aveva una volta definito

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