{)!.LBIANCO ~ILROSSO iiliiil•li in industrie, settori più o meno obsoleti o in via di ristrutturazione. Sono finiti i tempi d'oro dello «sviluppo delle forze produttive». Per di più nel polo potrebbero confluire forze che mal si accompagnano sia con progresso, che con sinistra. Mi riferisco alle forze cosiddette ambientaliste. Per molti aspetti, dunque, la definizione progressista implicherà costi sulla sinistra, o clamorosi rischi di incoerenza. E non solo. Vedremo. Sui rapporti nella sinistra italiana, è presto detto. La sinistra esplicitamente riformista non è invero tutta tale, nella sua identità culturale profonda. Tanto per essere chiari, la cultura politica di vasti settori del Pds è ancora lontana da una cultura riformista di governo. Privilegia più il rappresentare che il governare, più la sommatoria (fra le richieste) che la scelta, più l'etica della convinzione che quella della responsabilità (per usare la impareggiabile immagine weberiana). Per di più l'estremismo di sinistra ha assunto nelle recenti occasioni elettorali una dimensione inattesa. E fra quella cultura e queste forze dell'estrema i rapporti sono intensi, e la competizione anche, proprio per la loro vicinanza. La prima è tentata di abbandonare qualsiasi prospettiva di «polo» per riconquistare i settori sociali e i consensi politici perduti, la seconda è pronta ad incorporarsi i voti in fuga per un eccessivo spostamento al centro della prima. Per il buon successo del «polo progressista» è sperabile che i voti persi nella seconda possibilità siano 7 ampiamente compensati da quelli acquistati al centro. Comunque sia, anche in questo caso non pochi saranno i costi sulla sinistra. Sulla base sociale dello schieramento, si può dire che il mondo del lavoro rappresenterà la componente prevalente. Ma dobbiamo fermarci qui, non potremmo trarne indicazioni più solide. La frammentazione degli interessi e delle identità all'interno di questo mondo non è mancata. Molti fronti di conflitto attraversano il mondo del lavoro, specie in questi momenti di crisi e di ristrutturazione. Una frammentazione che ha colpito anche il movimento sindacale. Un movimento del resto che, per la sua divisione, avrà non pochi problemi a collocarsi nel suo insieme all'interno dello schieramento progressista. A rendere ancora più incerta e indeterminata la situazione contribuirà non poco la durata della transizione italiana, che non sarà breve. Dovremo perciò abituarci ad adottare una cultura politica della transizione. E questo cambiamento non è di poco conto. Richiede per esempio l'accantonamento, se non l'abbandono, di venerande ma sempre valide dicotomie, prima fra tutte quella destra/sinistra. Una dicotomia valida per competere in un'arena consolidata, meno per un'arena da costruire. Tutto ciò richiederà al cittadino-elettore la capacità di adottare identità politiche temporanee. Il «tutti uniti contro la Lega», non solo come formula organizzativa, ma anche come proposta
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