Il Bianco & il Rosso - anno IV - n. 46/47 - nov./dic. 1993

{)Il, BIANCO ~ILROSSO Miki;11it+1 che cosa c'è di radicato storicamente e di inedito, di diverso nello sforzo di uomini come Carniti e Gorrieri, legati alla tradizione Cristiano-Sociale, accanto a quello di cattolici di altra cultura ed esperienza come Scoppola, che oggi convergono. Il Pci, in ciò innovando profondamente rispetto al vecchio ceppo socialista, riconobbe valore strategico alla relazione col mondo cattolico, ma, alle prese con formidabili esigenze di rinascita nazionale e con le durezze del confronto globale nei decenni della guerra fredda ha forse trascurato una lettura differenziata di quel mondo, talora privilegiando quello che fu definito il «rapporto tra potenze» nella società italiana. Di più: nelle condizioni del monopolio democristiano della rappresentanza cattolica, esso dovette limitarsi, con duttilità e intelligenza e non senza risultati, a offrire spazio a singole personalità del progressismo cristiano che, certo, arricchirono la rappresentatività della sinistra, ma che scarsamente potevano incidere nell'ambiguo blocco di consenso della Dc. In questa cornice trova spiegazione una certa disattenzione verso le correnti e i gruppi di cristianesimo sociale, se non per l'aspetto sindacale impostasi con l'esistenza della Cisl. È stato questo, io credo, un limite nel!'analisi e nella stessa condotta politica del Pci, nel quale si rispecchiava forse un eccesso politicistico (solo la sinistra dc «politica» era vista come interlocutore rilevante). E si 47 potrebbe congetturare anche sulle responsabilità della cultura e delle espressioni organizzate del cattolicesimo sociale nel rendere difficile la comunicazione con la sinistra operaia. Ma quel che conta, in bilancio, è che purtroppo in passato non si è mai definito un terreno d'incontro strategico e di reale convergenza politica. A me sembra che anche questa storia, insieme a tante altre, è oggi pagina chiusa. E non solo per il mutamento radicale del contesto storico, ma anche per la rivoluzione ideale che ha investito ambedue i mondi di provenienza. Di questa rivoluzione ideale - che rende oggi del tutto possibile l'alleanza tra la sinistra democratica laica e la sinistra democratica cattolica - metterei in evidenza due fattori. Dal lato del Pds: il superamento di un classismo ideologico che riconosceva nel solo fattore sociologico il discrimine tra progressismo e conservazione. Dal lato del cristianesimo sociale: il superamento dell'idea che il cattolicesimo della difesa dei deboli potesse esercitarsi solo nella cornice politica del partito d'ispirazione cristiana. L'una e l'altra di queste rettifiche, maturate nel vivo di una trasformazione oggettiva e culturale, ridislocano tutta la grande questione dell'alternativa politico-sociale rendendo attuale, anzi imminente, lo statuto di una coabitazione collaborativa di culture e di finalismi ideali entro la cornice di un patto politicoe programmatico da fare vincere qui ed ora.

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