{)l.LBIANCO ~ILROSSO Pikiil•ii abbiamo conosciuto è rimasta priva di miti e priva di base sociale. Da sola, arroccata o no, non è alternativa a niente. Per dirla con le parole con cui, nell'ultimo numero del Mulino, Giuliano Cazzola commenta l'accordo del 23 luglio, questa sinistra non è altro che «l'union sacrée degli orfani di Cirino Pomicino». E non sono le presenze aggiuntive a farle cambiare pelle. Carniti e Gorrieri sanno meglio di me che, nella società della settimana cortissima e/o della disoccupazione, una sinistra rinascerà solo se saprà superare lo stesso limite laburista, e qualificarsi su linee di frattura diverse rispetto a quella capitale/lavoro. Linee di frattura che è inutile andare a cercare «oltre», nel verde degli ambientalisti, nel bianco del volontariato, nel rosso dei «centri sociali», in quei mille luoghi marginali in cui la falsa coscienza della nuova sinistra ama rifugiarsi per ripararsi dalla tempesta. · L'ironia della storia fa sì che si rispolveri il termine «progressista» proprio quando i fatti politici stanno a dimostrare che il Progresso non c'è, e che ci si divide, come negli anni '10, come negli anni '40, come nel secolo scorso, su questioni che si ritenevano definitivamente risolte: la tolleranza, la democrazia, il razzismo, l'egoismo sociale, la stessa unità nazionale. Questo, ovviamente, vale per tutti. Per l'ex sinistra, e per l'ex centro. Per gli ex «progressisti» e per gli ex «moderati». La critica nei confronti della Dc di Martinazzoli può essere simmetrica rispetto a quella nei confronti dei «progressisti». La Costituente di luglio, a me, ha fatto venire in mente il Congresso di Lione del Pc d'I.: tutto teso, mentre il fascismo trionfava, a ridefinire la propria identità e a liberarsi dalla presenza scomoda di Bordiga. Solo che il Pci, nel 1946, non è diventato un grande partito nazionale grazie al valore salvifico delle tesi di Lione. Lo è diventato grazie al valore politico della svolta di Salerno. Ma non è per questo, credo, che Gorrieri ha abbandonato il progetto di Martinazzoli. Lo ha abbandonato perché ne ha valutato l'esecuzione 30 non sufficientemente radicale, non perché ne ha contestato il corto respiro, l'inclinazione all'arroccamento ideologico, la carenza di proposta politica. A Martinazzoli va comunque dato atto di non avere sguarnito il fronte principale, quello del confronto con la Lega su temi ai quali l'elettorato democristiano tradizionale è particolarmente sensibile. Forse gli si sarebbe potuto risparmiare il fuoco delle retrovie. Penso che sia chiaro che il progetto dei Cristiano-Sociali non mi convince. Lo dico, più che con rammarico, con rabbia. Non solo perché so che su moltissime questioni la pensiamo allo stesso modo. Soprattutto perché sono convinto che la nostra comune cultura politica potrebbe essere il punto di riferimento più significativo per ridefinire una posizione democratica che oggi è tutt'altro che scontata. Per farmi passare la rabbia, sfoglio il mio (nostro) piccolo album di famiglia. Ci ritrovo molte intuizioni profetiche, molta saggezza democratica, molta consapevolezza sociale. Ma ci trovo, anche, una sostanziale indifferenza alla politica, alla dimensione statuale dei problemi. Quando, piu di vent'anni fa, facemmo un tentativo analogo a quello odierno di Camiti e Gorrieri, perdemmo per questo: perché ci muovemmo negli interstizi del sistema politico dato (lasciammo il «centro» per spostarci nella «sinistra»), senza avere l'ambizione di ridefinire il sistema politico stesso. Eppure, se la nostra impresa avesse avuto successo, se la Dc si fosse davvero spaccata, un nuovo sistema politico sarebbe inevitabilmente sorto. Mi si potrebbe obiettare che oggi un «sistema politico dato» non c'è, e che tutto è in movimento. Ma se, in questo movimento, ci si lascia guidare solo dalla bussola del «bipolarismo» (e magari si sovrappone questo esile schema politologico al vecchio sistema politico, invece che al nuovo), si rischia ancora una volta di scavarsi una nicchia, laddove ci sarebbe la necessità di costruire un edificio.
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