Il Bianco & il Rosso - anno IV - n. 46/47 - nov./dic. 1993

{)!LBIANCO ~ILROSSO iiiiiiliii que appartenere ad un fronte riformatore e solidarista. L'eredità morotea delle letture di ampio respiro, della non omologabilità dell'esperienza italiana ad altre europee (e non certo a tutte), è una moneta fuori corso? E ancora: fino a ieri eravamo in tanti a reagire alle letture lib-lab di casa nostra, che nel loro elitarismo consideravano la Dc «incidente storico», portatore di una «sedicente originalità». Possibile che la nostra specificità intellettuale, e che tanti capitoli della nostra storia giocati non certo in una prospettiva conservatrice, si siano dissolti solo per l'introduzione di un singolo passaggio, per quanto importante (il maggioritario)? Se la continuità storica ha un minimo di importanza, l'impegno ancor oggi di decine di migliaia di militanti in una direzione sicuramente «di progresso» avrà un qualche valore per smentire gli schematismi dei manuali, e le sentenze per cui il Partito popolare sarebbe un costituendo polo di centro-destra, o addirittura di «destra-centro». Ma il problema va ben oltre la collocazione del Partito popolare nello spazio politico. Potremmo chiedere se farsi carico anche del voto moderato di questo paese sia, soprattutto nell'attuale momento, un optional o se non rappresenti, al contrario, un'assunzione di responsabilità, per impedire che quel consenso frani verso la Lega o si disperda nei mille rivoli delle forze laiche (e non si capisce perché dovremmo, per fare ciò, dover svendere la nostra ispirazione). Non solo, ma vorrei sapere perché il voto moderato abbia uno stigma congenito, per il quale non può mai avere un carattere riformista e solidarista. Vado ancor più in là, e arrivo al livello ultimo del problema, sul quale chiedo davvero una riflessione senza pregiudizi e ipoteche. Come si può pensare di ricreare una cultura del patto nazionale, con battesimi ed etichettature (conservatori-progressisti) così affrettati? Ci sono in questo paese, è vero, elementi di conservazione e di progresso, ma questi sono disseminati fra varie forze politiche. Forse non è elemento di conservazione un Pds che, se non enuncia apertamente il «modello autosufficienza», lavora però per creare tutte le condizioni perché le altre 20 forze progressiste debbano divenire suoi satelliti, per evitare la dissoluzione? E inoltre, la sensibilità per la questione sociale non è l'esclusiva di nessuno, e questi problemi hanno bisogno di una pluralità di forze che se ne facciano carico. Anche perché quelle sensibilità non si depositano naturalmente su un solo «polo», o su un solo schieramento. Vi sono anche preoccupazioni peculiari del1'attuale scenario. Come dicevo nella lettera alla vostra convention, dobbiamo stare attenti alla differenza fra articolazione e frantumazione. Non dobbiamo confondere, cioè, una pluralità di percorsi legittima e anche positiva con la suddivisione fra cinque o sei soggetti politici di una sensibilità comune e di un'azione su obiettivi condivisi. Se un gruppo come il vostro non si limitasse ad ascriversi ad uno schieramento, ma si ponesse in un ruolo di raccordo non pregiudiziale con altre forze politiche, svolgerebbe una funzione preziosa in un quadro politico in cui non si riscontrano canali di comunicazione fra i cattolici impegnati nelle varie formazioni. Inoltre ritengo che, se si andasse ad un irrigidimento in due poli, le vere forze conservatrice sarebbero più attrezzate alle difese di certi interessi se consideriamo la storia europea di questo secolo, registriamo che, mentre le forze di progresso (cui ascrivo una parte molto consistente del nostro polo «popolare») stanno ad organizzare dibattiti sulla componibilità degli interessi, altri sono molto più immediati e completi nella rappresentanza di certe richieste. E anche a questo livello, l'essere in presenza di una dinamica politica convulsa non premia certo le forze che, nella propria proposta politica, puntano su un di più di responsabilità istituzionale e di solidarietà sociale. Per queste ragioni, più che il Rubicone del bipolarismo tradizionale, è necessario varcare il guado di un confronto non solo accademico. Rifuggendo dalle interpretazioni semplificatorie che ciò potrà far nascere, posso dire con tranquillità che noi popolari un Rubicone più importante lo vogliamo attraversare.

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