Il Bianco & il Rosso - anno IV - n. 46/47 - nov./dic. 1993

{)j_LBIANCO 0-Z, ILROSSO iii liii iii essi un rapporto più o meno competitivo o negoziale. In definitiva, chi intende adoperarsi per lo sviluppo della democrazia italiana - oggi esposta alla radicalizzazione del conflitto - dovrebbe istituire sul centro-sinistra piuttosto che sul centro-destra (ci si passi le consunte espressioni tanto per capirci) un coagulo forte e qualificato abbastanza da interloquire e così concorrere alla maturazione, rispettivamente, di Lega e Pds. Affinché la prima evolva nel senso che ogni buon democratico dovrebbe auspicare: quello di un soggetto politico conservatore e tuttavia pragmatico e democraticamente affidabile. E il secondo porti a compimento la sua maturazione di un costume democratico e di una cultura di governo ali' altezza di una società industriale avanzata. Così che i baricentri dei due poli antagonisti - moderato e riformatore - possano convergere verso il centro, riducendo l'esorbitante distanza che li separa. Ma come stabilire e anche dare nome ai due poli antagonisti? L'antica polarità didattica destra-sinistra è troppo ancorata alla stagione politica gravata da una pesante ipoteca ideologica. • Quando la convenzionale ascnz1one a sinistra era strettamente connessa. alla vicinanza-alleanza con il Pci. L'altra, classica polarità conservatori-progressisti solleva, almeno in me, due istintive riserve. La prima ideologica: oggi ci riescono più chiare (e fastidiose) le aporie del mito illuministico di una storia lineare e progressiva. La seconda riserva, di ordine lessicale: lo stesso Camiti ha giustamente osservato che, a rigore, i progressisti devono sempre conservare qualcosa · e i conservatori talora innovano. Per esempio - notava Camiti - i progressisti farebbero bene a conservare due preziose conquiste: l'unità nazionale/statuale e la democrazia. Ecco perché, personalmente, preferirei la dialettica moderatiriformatori per designare i poli o schieramenti. Quali, allora, i parametri, le discriminanti atte a stabilire chi, davvero, a buon diritto, può qualificarsi riformatore? Sgombrando il campo dal sottinteso di un disprezzo o anche solo di un deprezzamento per la dignità (e la utilità) dell'antagonista moderato, se genuinamente liberal-democratico. A me pare di poter fissare almeno due condizioni/requisiti dei veri riformatori: a) \ /1~1uc _... ( '"" ,,a #-. ,~ l"'' lt-\)-.Q/ 16

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==