Il Bianco & il Rosso - anno IV - n. 46/47 - nov./dic. 1993

{),!J.BIANCO ~ILROSSO iii•iil•ii ChidentriolPolo? Larispostal «Programma» di Gianni Mattioli he cosa voleva 1'83%degli italiani che il 18 e aprile ha votato «sì» al referendum sulla legge elettorale? A loro era stato spiegato che, con l'abbandono della legge proporzionale, i cittadini avrebbero potuto scegliere direttamente chi li avrebbe governati in un limpido confronto tra alternative. Su questo, le forze referendarie - assistite da un forte sostegno degli organi di informazione - hanno chiesto un pronunciamento all'elettorato e la risposta affermativa è stata massiccia. Ora si tratta di onorare la volontà degli elettori, senza frapporre l'alibi che la pessima legge elettorale uscita dal Parlamento non produce direttamente l'alternanza promessa ai cittadini. Per costruire, allora, una proposta «riformatrice per gli elettori, bisogna lavorare alla definizione del programma e trovo inaccettabile che, al contrario - secondo la tendenza tutta italiana di un'esasperata autonomia della politica dai contenuti programmatici - si parli molto di più di quali forze politiche devono partecipare al polo riformatore, già pronti ad intimare esclusioni reciproche. Metodo sbagliato non solo in linea di principio, ma anche perché, costretti al tavolo dei programmi, quei leaders gelosi custodi delle proprie immagini ideologiche e così poco abituati a confrontarsi con la realtà, sono invece costretti a concentrare il confronto sui punti di reale differenziazione. Tutti si chiedono, ad esempio, come si comporrà un accordo tra Rifondazione Comunista e i liberaldemocratici presenti dentro i resti di Alleanza democratica o con i CristianoSociali di Gorrieri e Camiti o, perché no?, con quel Pds con cui si è avuta la rottura sanguinosa? E perché tutti questi dovrebbero essere interessati alla proposta di società sostenibile, proiettata verso il futuro, che avanzano i Verdi, su cui si 13 registra oggi un ampio consenso da parte della Rete di Novelli, Orlando e Dalla Chiesa? Intanto sarebbe bene ricordare che qui si sta costruendo un accordo per una proposta da presentare agli elettori per il 1994, non si sta procedendo alla fusione di forze che hanno le loro culture e perciò le loro differenze. È possibile, oggi, rispetto ai problemi del paese, costruire una proposta comune? Una proposta non per leccare - con orgoglioso piagnisteo - le stimmate del1o' pposizione, ma per governare il paese? Io credo di sì. Non ho mai sentito l'afflato sociale di Rifondazione espresso meglio che nell'intervento con cui Gorrieri presentava la proposta dei Cristiano-Sociali e, del resto, Magri e Garavini - al di là della archeologia demagogica - sono d'accordo che il disax:anzo pubblico va risanato e che le nostre proposte di riforme s'hanno da collocare nel quadro dell'economia di mercato? Io penso proprio di sì. Se si smetterà di pretendere solenni dichiarazioni sulla morte del comunismo e si passerà alle cose da fare, si troverà che la via dell'accordo non è così ardua. Se mai, trovo più difficile l'altro versante quello di Alleanza democratica. La crisi economica italiana, i nostri quasi 4 milioni di disoccupati, si collocano dentro una profonda crisi di carattere strutturale delle società industriali avanzate: 25 milioni di disoccupati nella Cee, 35 nell'Ocse. L'enorme avanzata tecnologica del dopoguerra ha portato la produttività del lavoro a livello di rottura del1e' quilibrio tra espansione della produzione, espansione dei consumi, salvaguardia dell'occupazione e, se si pensasse di risolvere il problema indirizzandosi al resto del pianeta, è la questione ambientale a calare la sua mannaia sui sogni di espansione: malattie «tecnologiche» - tumori, leucemie, sconvolgimenti del sistema immunita-

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