- I - D lJ, BIANCO Oil, ILROSSO iiiiiiliD Alleanzapluralista perunprogrammadiriforme di Antonio Giolitti n politica le parole sono molto importanti. Si potrebbe dire che la politica è fatta soprattutto di parole; in Italia oggi quasi soltanto di parole e sempre più spesso, ahimé, di parolacce. Perciò mi soffermo anzitutto sulle tre parole nelle quali si concentra la sostanza della domanda che ci propone questa rivista: schieramento o polo progressista. Schieramento non mi piace perché ha un suono un po' militaresco ed evoca la presenza di un nemico. Anche polo mi sembra implicare una contrapposizione, perché stando al dizionario vuol significare, in primo luogo, una posizione antitetica, opposta. Forse nel linguaggio politico che qui vogliamo usare la metafora è più pertinente se s'intende polo magnetico: che attrae, che coagula. Ma allora preferisco alleanza, che evoca ricerca di affinità, di concordia di solidarietà. La contrapposizione viene dopo, è conseguenza non proposito. E per quanto riguarda l'aggettivo progressita, questo mi rammenta il titolo di uno scritto di Kant, Se il genere umano sia in costante progresso verso il meglio, dove si avverte che una troppo fiduciosa speranza del meglio potrebbe essere dileggiata come «sogno di una mente esaltata». Certamente progresso implica o evoca, magari implicitamente, il raggiungimento di una meta. Pericolosa illusione per il politico che si proponga di progredire col metodo delle riforme. Questo è un processo - e progresso - inesauribile: come lo è la democrazia. La concezione «progressista» e «riformiste» del! democrazia è quella di un percorso senza meta finale. Perciò l'alleanza - meglio che polo - è per la democrazia. Precisamente: «alleanza per la democrazia» (e così si evita la confusione con Alleanza Democratica, che non si capisce bene se voglia 10 essere un recipiente di componenti o una componente essa stessa). Dopo questa pedante, ma a mio avviso opportuna premessa lessicale, vengo alla sostanza. Il problema e l'obiettivo sostanziale, per chi voglia progredire verso il meglio, è quello del buon funzionamento dello stato democratico, in questo paese e in questi ultimi anni del secolo XX, per progredire - riformando - lungo il percorso tracciato nella Costituzione della Repubblica, affrontando tutti gli ostacoli rimasti o sopraggiunti. La Costituzione è «progressita»: basta leggere gli articoli 3 e 4. Vi incontriamo i verbi «rimuovere» e «promuovere»: per avanzare, appunto, lungo un percorso di cui non si precisa la meta perché questa è il progresso stesso. Ma come, con quali mezzi? Con la crescita economica, ad opera dell'iniziativa privata: è questa in sostanza la risposta della destra. Con le riforme: è la risposta della sinistra. Il centro si barcamena, è necessariamente trasformista, ma non è detto che sia irrimediabilmente e compattamente sordo alle proposte della sinistra, tanto più che agli occhi di questa la «moderazione» da vizio è diventata virtù (cfr. i recenti discorsi di Achille Occhetto). Dunque la qualifica di progressista è inseparabile da quella di riformista: la quale si collega a un'esperienza storica ultrasecolare - quella del riformismo socialista e del Welfare State - le cui conquiste in campo sociale sono ancor oggi fondamento del progresso realizzato nella condizione del lavoro e più in generale nella condizione umana. Alla tradizione del riformismo si richiamano tutte le «componenti» che possono e vogliono concorrere alla costruzione di un'alleanza progressista e riformista. E precisamente, stando a
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