{)!L BIANCO ~ILROSSO iiikNIAM Perlascuola:interventi pesanti,senzastrategia di LiaGhisani nche la finanziaria '94 non sfugge di fatto, A nonostante alcuni proclami altisonanti e qualche segnale contraddittorio, ad una impostazione ragionieristica: la oggettività della fase recessiva viene assunta per una consistente riduzione della spesa pubblica senza scelte significative verso un risanamento e una riqualificazione delle prestazioni e del sistema di welfare. Un governo solo apparentemente «neutro» dal punto di vista sociale ha risposto alla più che giustificata domanda di servizi più efficienti e funzionali, contrabbandando come riforma della Pubblica Amministrazione una sostanziale scelta restauratrice: il lavoro pubblico diventa terreno di intervento unilaterale, quasi di per sé fosse la causa di sprechi e di disfunzioni, smantellando ogni ipotesi di relazioni sindacali corrette proprio quando il sindacalismo confederale, con la conquista della delegificazione del rapporto di lavoro, assumeva la centralità dello scambio tra lavoro-produttività ed efficacia dei servizi. Un approccio inutilmente penalizzante che non incide sui nodi veri, sulle grandi responsabilità di lobbies amministrative e politiche, che in questi anni hanno impedito o vanificato riforme da noi con gran forza richieste, e che, in una logica veramente vecchia, suppone siano possibili riforme a prescindere dal protagonismo del lavoro. Anche gli interventi sulla scuola - alcuni dei quali assai pesanti, altri che potrebbero rappresentare una vera opportunità di cambiamento - non sfuggono ad una visione pesantemente, quasi strumentalmente segnata dall'emergenza. Con decisione unilaterale, ad organici ormai definiti, a libri di testo ormai acquistati, per alzare la media nazionale di alunni per classe si sono 7 assegnati ai provveditori, ad agosto, parametri nuovi su cui costruire le classi, parametri definiti al centro, a tavolino, spesso non adattabili, se non con pesantissime ripercussioni sull'esercizio del diritto allo studio, alle varie realtà territoriali. Un'operazione che, se fatta con la gradualità concordata e con indicazioni chiare all'Amministrazione periferica per un governo del processo sul territorio, poteva realizzarsi senza traumi, ha, invece, creato nella scuola confusione, proteste, sicuramente un abbassamento della qualità del servizio (coesistono, infatti, classi di 7 alunni e classi di 33 nella scuola dell'obbligo) e scarsi risparmi, considerati i disagi e le spese che famiglie ed Enti Locali sono costretti ad affrontare in termini di trasporti e di servizi. Esiste nella scuola il problema oggettivo di un riequilibrio del rapporto docenti-allievi a seguito del calo della popolazione scolastica; esiste sicuramente un problema di razionalizzazione della spesa in questo, come in altri settori pubblici. Ma la scelta da fare a monte, che certo questa finanziaria non fa, ma sulla quale le forze politiche dovrebbero pronunciarsi con più chiarezza, è di tipo strategico. Il nostro paese vuole continuare sulla strada della progressiva riduzione degli investimenti sulla scuola (il 7,95 del Bilancio dello Stato nel1'83, il 6,8 nel '93) e, quindi, andare verso un impoverimento progressivo del sistema, espellendo progressivamente personale in modo più o meno traumatico, oppure vuole scegliere di governare una razionalizzazione finalizzata della spese per la formazione? Le Confederazioni sindacali nell'accordo di luglio hanno tentato di far assumere al governo alcune scelte strategiche sull'innalzamento del1'obbligo scolastico (il più basso d'Europa), sulla
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