Il Bianco & il Rosso - anno IV - n. 45 - ottobre 1993

menti e le scelte fondamentali della società. Ed è proprio questa coscienza dei limiti e delle potenzialità che portiamo con noi che ci fa rifuggire dalla facile scorciatoia di un gioco politico tutto speso sugli schieramenti e sulla costruzione di alleanze puramente nominalistiche. Nella nostra esperienza di militanza sociale la politica è sempre stata programma e strategia ed alleanze coerenti con il programma. Pensiamo che, anche oggi, questo assunto non sia venuto meno. Due sono in particolare gli ambiti nei quali abbiamo qualcosa da dire: il lavoro e i diritti di cittadinanza dello Stato sociale. Sono, come la realtà odierna mette in luce, i grandi problemi dello sviluppo economico, sociale, democratico e civile dell'Italia e dell'Europa, e le vere spine nel fianco di ogni sinistra di governo. Su questi problemi si sono da tempo consumate le vecchie ideologie e le stesse tradizionali politiche del lavoro che avevano fatto la fortuna del riformismonei decenni del dopoguerra. L'occupazione è diventata un problema permanente, non risolvibile con la sola ripresa dello sviluppoproduttivo. Il persistente divario tra produttività e produzione rende necessario un processo di redistribuzione flessibile del lavoro e l'adozione di criteri e di strumenti nuovi nelle politiche del lavoro, capaci più che di erogare agevolazioni finanziarie, di mobilitare l'intelligenza, l'iniziativa e la responsabilità delle persone. L'accesso alla formazione, durante tutto l'arco della vita lavorativa, diviene un nuovo diritto, decisivo per l'autonomia e per una presenza non marginale delle persone nel mercato del lavoro. D'altro canto l'esercizio concreto dei diritti di cittadinanza sociale secondo criteri universalistici e di equità sarà sempre più legato al livello di efficienza e di partecipazione responsabile degli utenti nella gestione del servizio dello Stato sociale. Qui, su queste strade della solida- {)!LBIANCO ~ILROSSO • n,1--m •a ;J rietà difficile, vogliamo offrire un contributo che si avvale di una cultura e di una esperienza maturate sul campo, che per estensione e pluralità sono difficilmente riscontrabili altrove. Qui, sul terreno che percorriamo da tempo, dobbiamo soprattutto irrobustire la nostra identità e la nostra consistenza politica ed organizzativa. La scelta di militare nello schieramento progressista, se è chiara e determinata nelle nostre convinzioni, perché nasce dalla consapevolezza della sua necessità per il futuro del Paese, nell'attuale situazione politica non ha niente di rigidamente predeterminato. L'area progressista appare oggi ancora un'area frantumata, dai contorni indefiniti; un multiverso di forze e di opinioni, spesso in contrasto ed in polemica tra loro, che non riescono ad 46 individuare convergenze strategiche nel rispetto della pluralità dei soggetti. Da un lato il Pds sembra ancora più preoccupato a conservare il suo consenso elettorale che a costruire una credibile prospettiva di governo progressista del Paese assumendosi gli oneri relativi. Questa linea che nella storia recente ha portato il Pci più lontano dal governo anche quando, alla metà degli anni '70, vinse le elezioni, non ~i capisce dove porti il Pds visto anche che oggi ha maggiori probabilità di perderle. Non vorrei che anche in politica valesse la stessa regola presente in natura, secondo la quale la quercia, nella transizione dall'inverno alla primavera, non perde le foglie quando si secca. D'altro canto Alleanza Democratica, specie dopo la chiarificatrice scelta di Segni, manifesta una contraddizione tra l'ambizione del suo disegno strategico e la gracilità dei consensi che finora è riuscita ad aggregare. Altre cose si stanno muovendo, sia pure confusamente, nell'area di centro-sinistra ed anche qui dobbiamo seguire, capire e valutare al fine di cogliere e favorire positive maturazioni. In questa situazione la nostra presenza non vuole certamente essere un ulteriore elemento di frammentazione di una realtà già troppo divisa, quanto una componente che vuole contribuire ad aggregare e qualificare, nel programma e negli uomini, questo schieramento che può rappresentare una novità decisiva della nuova fase che si sta faticosamente aprendo nel Paese. Certo non ci interessano le posizioni di cespuglio o di nicchia. Ne corso degli anni '80 abbiamo criticato le analisi del Censis quando esaltava la loro dinamicità nello sviluppo produttivo del Paese; tanto più ci sembrano scarsamente produttive in politica oggi dove la creatività strategica ed il coraggio risultano essere ben più idonei e vincenti rispetto alle posizioni di subalternità garantita. Ci interessa invece il senso ed il disegno generali dell'evoluzione del sistema politico e, dentro questi, crediamo che qualcosa da dire e da fare spetti anche a noi.

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