le macerie (e talvolta più delle macerie) dei vecchi partili, a cominciare dalla Dc (che ha frenalo l'evoluzione delle forme di presenza politica dei cattolici democratici, oltre la gabbia emergenziale dell'unità politica) e dal Pds (che ha frenalo la possibile evoluzione «verso il centro» della sinistra italiana). Col suo discorso di Caltagirone, Segni ha preso atto, la settimana scorsa, di questo fallimento ed ha riformulato la strategia dei «Popolari» lanciandoli alla riconquista del centro (cioè del centro-destra) da sottrarre ad una Lega di fatto inaffidabile. Questa strategia - di per sé lucida e coraggiosa, oltre che certamente più consona alla storia personale di Segni e di molti dei «Popolari» - finirebbe tuttavia per riempirsi di ambiguità e compromissioni con il vecchio sistema politico se non accettasse la sua parzialità, se non considerasse necessaria e complementare l'azione di qualcun altro, anche tra i cattolici democratici, che si ponga l'obiettivo di riguadagnare ad una cultura riformistica e di governo la sinistra italiana. Questa è precisamente la strada che alcuni di noi hanno scelto, decidendo di lasciare i «Popolari» dopo la svolta impressa da Segni al movimento. È nostra convinzione che se non ci saranno cattoliD!LBIANCO ~ILROSSO • uu.1§1 •a ; ci d mocratici impegnali nella costruzione di entrambi i poli di una democrazia matura, finirà per vincere lo schema «né con la Lega, né col Pds», che non è poi altro che la riedizione del vecchio, italico motto: «contro gli opposti estremisti, avanti al centro». Con tanti saluti alla democrazia della alternanza e un caloroso bentornato alla vecchia, cara democrazia bloccata. La terza cosa che ho da dirvi è quel che, secondo me, noi dobbiamo fare, qual è il ruolo politico che i Cristiano Sociali possono giocare in questa delicatissima e decisiva fase della storia della democ::raziaitaliana. Il movimento che nasce oggi è staio concepito prima dell'estate, in uno scenario politico che ormai non esiste più. A giugno, ci muoveva l'intento di dar vita ad un'aggregazione complementare con i «Popolari» e Ad sul versante sociale e popolare. Oggi che i «popolari» hanno di fatto lascialo il campo progressista e Ad attraversa una difficile crisi, sulle spalle, ancora deboli, dei Cristiano Sociali grava la responsabilità di promuovere un'aggregazione ampia e solida di lui i quei cattolici democratici che hanno deciso di impegnarsi per quella che noi abbiamo definito la costruzione del polo pro42 gressisla. Sarebbe infatti privo di senso che persone, aree, gruppi, provenienti da una medesima radice culturale e ideale e impegnali nel medesimo campo politico, finissero col disperdersi in mille rivoli e Ira mille strumenti, fino a risultare irrilevanti sul piano politico ed elettorale. Aggregare i cattolici democratici impegnali nel polo progressista è quindi, a mio modo di vedere, una delle assolute priorità di questo movimento che oggi prende le mosse. Solo se i cattolici democratici saranno visibili ed unili potranno dare il loro contributo, in modo significativo, alla costruzione del polo progressista, senza rischiare la subalternità nei confronti del Pds o di altre formazioni. E non si tratta di meschini interessi partigiani: una sinistra ridotta a «Pds con i suoi alleali», secondo l'immagine di Scalfari, è una sinistra che non solo non può vincere, ma finisce col legittimare il ritorno al centro della politica italiana. Solo una sinistra variegata e pluralista, entro la quale un'aggregazione cattolico-democratica possa esprimersi con pari dignità, può essere una sinistra capace di parlare al paese e di conquistare la sua fiducia: può, in altre parole, candidarsi a governare l'Italia di domani.
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