D.ll, BIANCO ~ILROSSO que rifiutata. L'anticomunismo (soprattutto) è stato quindi per mezzo secolo il vero collante del nostro sistema di governo. Un collante che, ovviamente, non ha impedito, tenendo conto delle congiunture politiche e degli esiti elettorali, geometrie variabili nel quadro politico. Si è così passati dal centrismo, al centro-sinistra al pentapartito, pur con una breve esperienza di «Unità Nazionale», quando per la minaccia terrorista alla democrazia, il Pci ha potuto entrare nella maggioranza pur dovendo restare fuori dal governo. In sostanza per circa mezzo secolo le diverse formule hanno sempre tratto la loro legittimità, più che dalle loro piattaforme programmatiche, da una azione di governo condotta contro una destra neofascista ed una sinistra c;;omunista,impresentabili in Occidente. Del resto il Centrismo degasperiano (quello politicamente e strategicamente di più alto profilo) non è mai stato motivato sulla base di una piattaforma politica conservatrice (come esigerebbe appunto un centro moderato), ma piuttosto come il prodotto della peculiarità della nostra storia politica. Oltre tutto le posizioni programmatiche della Dc sono sempre state il risultato del miscuglio di diversi ingredienti. Dalla valorizzazione sturziana della laicità e delle autonomie al solidarismo interclassista, alla cultura (non proprio popolare) del cattolicesimo liberale. Non a caso, infatti, dagli elettori italiani la Dc è stata vissuta e votata soprattutto come garanzia costituzionale, come diga anticomunista; come argine antifascista. Era una diga che, fino a poco tempo fa, si reggeva, oltre che sul contesto internazionale, sulla proporzionale e sulla conseguente necessità di coalizioni. Oggi però il comunismo, come movimento po4 litico organizzato, è morto (anche se mantiene i suoi devoti, in Italia come in Russia) e il neofascismo è sempre pericoloso, ma resta fortunatamente marginale. A sua volta la legge elettorale proporzionale è stata abolita. Non si capisce quindi sulla base di quale disegno culturale e di quale strategia politica si voglia e si possa ricostruire· il Centro. Si deve inoltre tener conto che, mentre abbiamo avuto partiti di centro, il più importante dei quali guardava però a sinistra (secondo la formula degasperiana), non abbiamo mai avuto una cultura conservatrice democratica, nel significato europeo del termine. E dovrebbe essere un'impresa piuttosto complicata inventarla dal nulla. C'è infine un duplice dato che non dovrebbe essere offuscato. Primo, le forze coinvolte nella confusa ed affannosa corsa al centro (Dc, socialisti, partiti laici) sono quelle più decimate dalle inchieste della magistratura sulla corruzione politica. Secondo, sono inoltre quelle il cui retroterra elettorale e sociale, anche per l'esaurirsi delle risorse che consentivano in passato mediazione e scambio politico, oggi è più frantumato e disperso. Non si vede perciò su quali basi, con quali ceti e gruppi sociali si voglia costruire un Centro moderato. Non è quindi arbitrario ritenere che, fuori da una prospettiva di trasformazione bipolare, laricostituzione di un Centro moderato può melanconicamente servire soltanto a presidiare la sempre più affannosa autodifesa ed autoconservazione di un ceto politico in declino, ma non può servire ad affrontare e risolvere la crisi italiana. Anzi, rischia solo di ostacolare (o anche semplicemente ritardare) l'una e l'altra cosa.
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