muoviamo, in fondo, dalle stesse esigenze e ci proponiamo di contribuire al medesimo obiettivo strategico che è stato proprio delle molte strade incompiute per il rinnovamento della sinistra. Anzi, intendiamo riprendere erilanciare quell'obiettivo, ma - proprio per le passate esperienze - riteniamo che si debba praticare una diversa prospettiva e una nuova metodologia. Riteniamo cioè che la costruzione dello schieramento progressista sia realizzabile, stanti le peculiarità del nostro paese e della nostra storia, non a partire dal processo di riforma di una singola forza politica, com'è stato per il progetto di rifondazione del Pci-Pds, e neppure proponendosi di dar vita ad un nuovo partito che nasca dalla fusione di esperienze e tradizioni politicoculturali diverse, com'è avvenuto di fatto per Alleanza Democratica, bensì attraverso un processo che muova dalla definizione dell'identità politica, programmatica e organizzativa delle singole componenti che intendono concorrere al comune obiettivo della costruzione dello schieramento progressista. È secondo questa prospettiva che ci costituiamo in soggetto politico, non per affermare un'identità ideologica da contrapporre ad altre, ma per dare forma politica, contenuti programmatici e consistenza organizzativa a un patrimonio di valori, di esperienze, di sensibilità e di consenso - qual è quello dei cristiani operanti nel sociale - che riteniamo possa e debba essere una componente imprescindibile del polo riformatore da costruire. Oltre l'insostenibile modello dell'unità politica dei cattolici Quando detto serve anche a chiarire il senso del riferimento all'appellativo «cristiano», che è stato ed è problematico per tutti, perché tutti siamo convinti che le scelte politiche dei credenti debbono essere rimesse alla libera scelta della coscienza individuale e perché siamo non meno consapevoli che troppe volte, nella storia anche recente del cattolicesimo italiano, {)!LBIANCO a.l..ILROSSO 1111~1§)•!;1 si è fatto ricorso alla dimensione religiosa per impropri fini politici o, peggio, di potere. Intendiamo anzi ribadire che i cattolici, oggi più che mai, sono chiamati - al pari di tutti i cittadini - alla responsabilità di una scelta politica decisiva, non in base all'appartenenza religiosa, bensì alla coerenza tra valori, programmi e alleanze politiche in rapporto, propriamente, ai drammatici problemi del paese e ai rischi per la democrazia e per la stessa unità nazionale. L'appellativo «cristiano» non è dunque da noi evocato per un'indebita copertura religiosa o ideologica e nemmeno per definire, di per sé, un'appartenenza confessionale, bensì per indicare e individuare quell'insieme di gente concreta, di valori praticati, di esperienze organizzate, di storia e 39 di idee, che è costituito dalla multiforme realtà dei cristiani quotidianamente operanti nel sociale. È l'apporto di quest'area che riteniamo indispensabile, non solo e non tanto in termini numerici, ma piuttosto in termini di sensibilità e di capacità progettuali, per costruire lo schieramento progressista. Nella gravità della situazione del paese riteniamo anzi di dover rivolgere a quest'area, che già esprime una propria soggettività politica nel quotidiano impegno nel sociale, un appello per un impegno politico diretto. L'appello, appunto, a farsi soggetto politico esplicito per l'avvento della nuova Italia, al cui fine ci sembrano premesse e condizioni indispensabili e discriminanti la democrazia dell'alternanza, una nuova centralità delle politiche sociali e la costruzione dello schieramento progressista. La scelta di costituirci in soggetto politico, quale componente dello schieramento progressista da costruire, indica, già di per sé, che intendiamo consapevolmente assumere, in prima persona, i compili e le responsabilità che a ciascuno di noi - come laico credente e come cittadino - primariamente competono. Reputiamo pertanto che sia erronea, per lo sviluppo democratico del paese e per la stessa comunità ecclesiale, la propensione dei vertici della Cei in favore della riproposizione dell'ormai superato modello dell'unità politica dei cattolici attorno al contradditorio e - a mio personale parere - già abortito progetto di rinnovamento della Dc. Di fronte all'urgenza di una svolta politica, necessaria per il risanamento anche morale del paese, che la gente attende; in presenza del nuovo sistema elettorale maggioritario, che la stragrande maggioranza dei cittadini ha dimostrato di volere; nella prospettiva della democrazia dell'alternanza, che è la condizione imprescindibile per il cambiamento: la pretesa unità del blocco cattolico risulta, in tale contesto, storicamente e politicamente sempre più insostenibile. Dopo il disastro etico di Tangentopoli, parrebbe - anche moralmente - non più proponibile.
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