{)!LBIANCO ~ILROSSO • 11•~•isJ a ; 1 Unire il popolo dellasinistradeivalori - I 1momento è tale che induce a una pausa di riflessione, si è lavorato in questi anni perché attraverso il meccanismo elettorale si arrivasse al ricambio totale della rappresentanza - politica secondo le i:egole nette dell'alternanza al governo. E invece non dico che siamo al punto di partenza ma certo il cammino si è fatto tortuoso e involuto. Dopo gli entusiasmi degli anni scorsi, segnati soprattutto da alcuni passaggi «forti» (il primo referendum elettorale, l'inizio della valanga «mani pulite», l'effetto 5 aprile, con tutte le «nascile o rinascile» di movimenti nuovi), cominciano per la verità mesi più oscuri, ritorna l'inverno anche nella situazione politica italiana. È vero che in un anno si è dissolto il Caf e molti dinosauri che sembravano eterni sono scomparsi o andati in letargo. Ma è anche vero che alcuni poteri forti sembrano assestarsi e rilanciarsi sulle ceneri della partitocrazia; che molto «nuovo» si è in realtà svelato come «nuovismo» o «conlinuismo camuffato»; che ambizioni personali e frammentazioni personalistiche rischiano di depotenziare il polo progressista; che il pericolo della Lega si è svelato nei suoi contorni più ambigui: populismo di destra, leadership autoritaria, con guasti profondi nel tessuto culturale e diffuso del Paese - prima ancora che mina istituzionale - con gravi ipoteche sull'unità nazionale. In questo scenario molto più grigio, se non tempestoso si ins.erisce la crisi sociale: l'aumento, quotidiano ormai della disoccupazione, il ricorso genedi Laura Rozza Giuntella ralizzato alla cassinlegrazione, con una crescita del disagio sociale che non tocca solo le famiglie operaie, ma anche i colletti bianchi, il ceto medio, le nuove professioni e allarga ogni giorno di più la fascia di depressione giovanile. Che un cassintegrato e un disoccupato ieri si siano suicidati, non 35 è un problema da pagina economica, così come ha pensato di giudicare «La Repubblica», che ha infilato la notizia a pag. 42, ma sono drammi che incidono profondamente sulla qualità democratica del nostro Paese. Il Parlamento - al di là degli slogans populistici - appare effettivamente delegittimalo dall'opinione pubblica, dalla gente, e in profonda crisi d'inlenlilà al suo interno. E se, in tutto questo, qualche mese fa appariva più chiaro il quadro dell'alternativa progressista, oggi lo sfilacciamento dei rapporti, il rischio d'implosizione di Alleanza Democratica, le difficoltà del Pds, rischiano di restituire la sinistra democratica al suo ruolo di minoranza, mentre si riaggrega il centro-destra, non senza elementi inquietanti di trasformismo. Non funzionano i cartelli nuovi, non funzionano i cartelli vecchi. Il trasversalismo, d'ora in avanti, diventa solo una fonte inquietante di equivoci: la sinistra non si può più permettere di far crescere personaggi per vederli tornare ad alimentare il centro destra: a questo di fatto è servita l'operazione del partito che non c'è: a creare birilli rossi e bianchi. Un elemento di chiarezza, certamente, è stato, in questa confusione, il rientro dei ranghi, il ritorno al centro, di Mario Segni. Uomo - lo dico con il massimo rispetto - che è sempre stato moderato e conservatore, ma che non ha mancato nelle sue prese di posizione politiche di confermare puntualmente la sua collocazione nelle questioni economiche, e sui temi che più stanno a
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