Stato deve corrispondere un assegno sociale di cittadinanza, che copra la differenza fra i redditi di cui il cittadino anziano comunque disponga e un livello o soglia definito come minimo vitale. La redistribuzione monetaria a favore dei minori s'intreccia col principio del sostegno dei redditi familiari e del riconoscimento del valore, anche economico e sociale, del lavoro di cura. La limitatezza delle risorse finanziare impone di accorpare tali interventi in un unico sistema di integrazione dei redditi familiari insufficienti, da realizzarsi mediante un assegno al nucleo familiare, o altro istituto analogo, di importo decrescente al crescere del reddito familiare complessivo, qualunque sia il numero dei percettori (il concetto di mono o bi-reddito è, a questi fini, indifferente o fuorviante). L'uso della leva fiscale per l'integrazione dei redditi familiari - attraverso forme quali lo «splitting» e il quoziente familiare - produce una redistribuzione perversa a favore delle famiglie con più alto reddito. Le vigenti detrazioni d'imposta per il coniuge e i figli a carico, oltre a non tener conio del reddito del contribuente, si disperdono a favore di una vasta platea di destinatari, con benefici minimi. Al contrario, l'unificazione delle provvidenze in un unico strumento di erogazione monetaria a carattere selettivo in base al bisogno, consente, con gli stessi mezzi finanziari, di concentrare l'intervento a favore delle convivenze familiari meno abbienti, ottenendo un'effettiva efficacia redislributiva e consentendo, anche a queste ultime, una maggiore libertà di decisione circa le scelte di vita e di procreazione. 10. L'importanza della famiglia nel quadro delle politiche sociali è già emersa, sia come parametro per i processi redistribulivi, sia come attore primario di quegli ampi settori dell'intervento sociale che hanno come oggetto i servizi alle persone. È tuttavia necessario ribadire la centralità della famiglia, non solo come unità primaria di organizzazione della convivenza, ma come vero e pro- {)!LBIANCO ~IL ROSSO 1111 )- §1 1!;1 prio terminale delle politiche sociali, in quanto prima produttrice del lavoro di cura e dei servizi alle persone; terminale dal quale l'intervento pubblico raramente può prescindere. Si sia avviando alla fine quel conflitto ideologico che ha prodotto il paradossale risultato di relegare l'ltalia, paese «cattolico» governato da un partito d'ispirazione cristiana, all'ultimo posto in Europa nelle politiche familiari: ad esse infatti destiniamo una percentuale del Pil pari alla metà della media europea. Nel corso degli anni settanta e ottanta, nel quadro della lotta per la liberazione della donna e per i diritti civili (concepiti in termini individualistici), gran parte della cultura laica ha contestato l'istituto familiare, consideralo retaggio del passalo e anche - con qualche fondamento - come gabbia in cui la donna veniva mantenuta in uno staio di inferiorità. A sua volta, il mondo cattolico si è spesso chiuso a riccio nella difesa astratta dell'istituto familiare, ha concentrato la sua attenzione su temi come il divorzio e l'aborto e non ha battuto ciglio di fronte alla graduale cancellazione degli istituii di sostegno alla famiglia (per assegni fa34 miliari spendiamo oggi, in termini reali, meno della metà della cifra del 1975). Mai tante proclamazioni a favore della famiglia - a partire dai vescovi fino alla Dc - si sono ascoltate e mai così poco si è fatto sul piano concreto. Qualcosa si muove nella cultura laica, in particolare fra le donne del Pds. Si riconosce il valore anche sociale della paternità-maternità, si pone, giustamente, il problema del valore economico del lavoro di cura (dall!'ì crescita dei bambini all'assistenza agli anziani) svolto dalla famiglia e in particolare dalle donne; le amministrazioni di sinistra si ritraggono dalla politica di sostituzione pressoché completa, con servizi pubblici, delle funzioni della famiglia. Il dialogo è possibile, purché in campo cattolico si prenda coscienza che è ora di passare a scelte politiche concrete, che facciano riferimento alle esigenze della vita quotidiana della genie e delle famiglie. Accanto al sostegno dei redditi familiari, si può collocare, fra i problemi più concreti e urgenti da affrontare a livello nazionale, quello della compatibilità fra le funzioni familiari e il lavoro exlradomeslico di entrambi i coniugi o, detto altrimenti, fra il lavoro di cura e il lavoro nel mercato; con il corollario del recupero di tempo da dedicare a dimensioni della vita diverse dal lavoro. La riduzione dell'orario e soprattutto del tempo di lavoro nell'arco della vita sono già di per sé risposte a questa esigenza. Ancor di più lo sono il superamento del modello standardizzato di lavoro e il cammino verso la possibilità di scelta fra una pluralità di percorsi lavorativi, che comprendano forme varie di pari-lime e di uscite temporanee dal lavoro. Tutte le soluzioni basate sulla flessibilizzazione della prestazione lavorativa, a cominciare dal pari-lime, comportano l'adozione di nuovi criteri nell'organizzazione del lavoro: impegno a cui le aziende non possono sottrarsi, perché il progresso richiede un continuo aggiustamento delle esigenze della produzione con quelle delle persone e della vita sociale.
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==